Lauree Stem: i politecnici per la parità di genere
Le studentesse incoraggiano le matricole a iscriversi a facoltà “maschili” come ingegneria. Ma le famiglie non aiutano.
di Annamaria Vicini
La parità di genere irrompe nelle facoltà universitarie da sempre considerate fortini maschili. Fanno da apripista il Politecnico di Milano e quello di Torino, dove non solo le istituzioni appaiono sensibili al tema ma anche le studentesse si mobilitano.
Obiettivo principale la lotta allo stereotipo che vorrebbe le donne inadatte per natura a compiere percorsi di studio con contenuti marcatamente scientifico-tecnologici come Ingegneria, ma anche il superamento del gender pay-gap una volta entrate nel mondo del lavoro.
Leggendo il Bilancio di genere della facoltà meneghina si apprende che mentre ad Architettura e Design la componente femminile degli iscritti è in maggioranza, a ingegneria nel 2020 corrispondeva al 23,6% degli iscritti alla laurea triennale e al 27,3% di quelli della magistrale.
Se poi si indaga all’interno dei corsi di studio di ingegneria, la situazione si presenta disomogenea: a ingegneria biomedica le donne sono più numerose degli uomini e contano per il 59% degli iscritti, ma ci sono corsi come ingegneria meccanica, elettronica, elettrica e informatica in cui gli uomini superano l’85%. Ed è proprio sul riequilibrio di questi corsi di studio che l’ateneo sta concentrando gli sforzi, anche con il progetto Girls@PoliMi, un programma di borse di studio mirate per le nuove iscritte meritevoli.
Le studentesse ne sono consapevoli e in entrambi gli atenei hanno dato vita ad associazioni che puntano a incoraggiare le ragazze a iscriversi ai corsi in cui la presenza femminile è più ridotta andando anche nelle scuole, a partire dagli istituti superiori.
A Torino è l’associazione We are here PoliTo a farsene carico, mentre a Milano è PoliHero, di recente costituitasi in associazione di promozione sociale e molto attiva su diversi social media tra cui Instagram.
“Siamo partite in dieci ragazze nell’estate del 2021, oggi siamo in 28 di cui due studenti maschi”. – racconta la presidente di PoliHero Erica Sillari – Da gruppo spontaneo abbiamo deciso di trasformarci, proprio in questi giorni, in associazione legalmente costituita per avere una veste più ufficiale e poter così stabilire rapporti anche con le istituzioni come per esempio le scuole”.
All’interno dell’ateneo la loro iniziativa è stata molto ben accolta dalle gerarchie accademiche, che hanno offerto uno spazio all’interno dell’open day per sensibilizzare le future matricole.
“Abbiamo potuto constatare che c’è molto timore da parte loro ad accostarsi a facoltà come ingegneria, anche perché le famiglie spesso scoraggiano questo tipo di scelta”, ammette la presidente del sodalizio.
L’altro fronte è quello delle aziende. Perché se è vero, come si legge nel Bilancio di Genere, che le ragazze si laureano in percentuale maggiore e abbandonano meno gli studi rispetto ai maschi, una volta entrate in azienda i contratti e le retribuzioni risultano peggiori rispetto a quelli dei colleghi, sia dal punto di vista della percentuale dei contratti a tempo indeterminato (-8% ad architettura, -3% a design e -1% a ingegneria) sia del salario, con un gender pay-gap particolarmente evidente per architettura (20%) rispetto a design e a ingegneria (4% e 7% rispettivamente).
Che qualcosa da parte delle giovani donne stia cambiando lo si vede dalla partecipazione sempre maggiore a eventi in ambito tecnologico a loro specificamente dedicati.
Lo si è constatato in occasione di un’iniziativa del Laboratorio nazionale di cybersecurity del Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica che ha lanciato il programma di formazione CyberTrials a cui hanno aderito 380 ragazze e lo conferma l’alta adesione (un centinaio di iscritte) ad hackher, un evento di recente svoltosi a Milano con l’obiettivo di avvicinare quante più ragazze al mondo Stem e a cui PoliHero ha partecipato come staff di supporto.
Ora si spera che a una maggior consapevolezza “dal basso” corrisponda sempre più un’adeguata sensibilità delle istituzioni, delle aziende e delle famiglie, queste ultime ancora troppo spesso preda di stereotipi ormai fuori tempo.
di Annamaria Vicini
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