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Il divario di genere nel mondo sanitario e quello slancio non rinviabile

La Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) è la prima tra le società medico-scientifiche nazionali ad aver istituito la Commissione pari opportunità per la lotta al gender gap. 

di Maria Silvia Spinelli

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMms), seppure le donne impiegate in ambito sanitario ricoprano il 70%, solo il 25% di loro occupa posizioni di leadership. Riportando questi dati all’Italia (Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano Oasi 2019) il 63,8% del personale è rappresentato da donne ma solo il 16,7% è direttore generale.

Sono diversi i report, tra cui il “Women in business and management: a global survey of enterprises”, che dimostrano come una maggiore equità di genere porti a migliori risultati e ad un aumento dei profitti nelle aziende. La Banca d’Italia ha stimato che se l’Italia avesse gli stessi livelli di occupazione femminile degli altri Paesi europei i Pil crescerebbe del 7%, sottolineando la relazione dimostrata in diversi lavori tra lo sviluppo economico e una maggiore equità di genere.

Tutti questi sono i dati presentati nel Manifesto del network “Donne leader in sanità”, associazione che ha come finalità quella di promuovere il raggiungimento di almeno il 40% di donne in ruoli di middle e top management delle organizzazioni pubbliche e private che operano in ambito sanitario.

Seppure la legge Golfo-Mosca, che ha imposto un maggior equilibrio di genere nelle società quotate in Borsa, ha favorito l’aumento della rappresentanza femminile dal 6% ad oltre il 36% nei suoi 6 anni di applicazione, quello che si stenta a vedere è il così detto “effetto pioggia”, e cioè che le donne in posizioni apicali aiutassero le altre donne a salire. Alcuni tra i motivi di questo paradosso, sono che non basta essere una donna per non perpetrare un sistema “quo ante” e che il raggiungimento di una maggiore equità di genere necessità di un lavoro socio-culturale sulle nuove generazioni e non basta una legge o una policy aziendale per cambiarne in corso in poco tempo.

Il gender gap nella sanità

Lo sforzo che il mondo sanitario sta compiendo in questo senso rappresenta un impegno fattivo per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità in linea con l’Agenda 2030.

L’indagine più approfondita nelle specialità chirurgiche mostra percentuali assai minori di rappresentanza femminile sia assoluto sia in relazione alle posizioni di maggiore verticalità.

Il primato negativo di rappresentanza tra tutte le specialità chirurgiche è quello dell’ortopedia e traumatologia. Secondo i dati del ministero dell’Università e della ricerca, nel 2019 (ultimi dati disponibili) il rapporto F/M dei laureati era 5578/4511 e il rapporto F/M degli specializzati in ortopedia nello stesso anno è stato 33/127.

Diverse autorevoli riviste nell’ambito scientifico ortopedico come il Journal of bone and joint surgery o il Clinical orthopaedic and releated reseach hanno pubblicato focus sul tema, lanciando dati di allarme sulla perdita dei talenti e il mancato appeal della specialità nel reclutamento delle laureate. La valutazione che emergeva dagli studi che ci fossero dei motivi socio-culturali che portavano le studentesse di medicina a non iscriversi nella specialità ortopedica, e che questo potesse portare ad una perdita di talenti. La più equa rappresentanza delle altre specialità permetteva una maggiore capacità di attrarre talenti rispetto all’ortopedia.

Negli Usa le donne iscritte alla specialità di ortopedia nell’anno 2016-2017 sono state lo 0.92% di tutte le specializzande. Nonostante si sia registrato un incremento numerico del 27.3%, in 10 anni, dal 2005-2006 al 2016-2017, questo appare essere ampiamente al di sotto rispetto alle altre specialità anch’esse percepite a dominanza maschile come la neurochirurgia e la chirurgia toracica, dove l’incremento è stato rispettivamente del 56.8 % e del 111,2 % (Chambers et al., Jbjs,2018).

La figura dell’ortopedico donna ancora rappresenta un grande limite.

Il caso della Siot

Proprio partendo dall’osservazione di questi dati e dalle sollecitazioni provenienti dalla letteratura, quest’anno il presidente insediato della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) professor Paolo Tranquilli Leali, con il nuovo direttivo, ha fortemente voluto la Commissione pari opportunità e medicina di genere. L’organo costituito all’interno della società è il primo tra tutte le Società chirurgiche nazionali, come ha confermato la presidente di Women in surgery, Gaya Spolverato, associazione da sempre impegnata del divario del gender gap in chirurgia.

La finalità della Commissione è duplice, e va dall’analisi nazionale dei dati sul divario di genere in chiave quantitativa e qualitativa e formalizza l’impegno della Società nella attenzione alla tematica, allo sviluppo di attività di mentoring e reclutamento nelle società scientifiche con la finalità di combattere quella che viene definita segregazione professionale. È interessante notare come la segregazione professionale entri tra gli indicatori del gender gap e sia valutato dall’European institue for gender equality come un indice di limitazione allo sviluppo economico nazionale.   Hill et al. (Jbjs, 2013) hanno dimostrato come in mancato reclutamento e la ridotta attrattiva della specialità ortopedica per la popolazione femminile, risieda in un difetto di role model e di mentorship. Analizzando i dati di una survey su 529 specializzandi in ortopedia (uomini e donne) riguardo le motivazioni che li avevano spinti a scegliere la specialità, le donne hanno riportato come fattori positivi la presenza di una donna nell’equipe (role model) e un periodo di internato clinico-chirurgico durante il percorso di laurea (mentoring). Tali fattori non erano gli stessi per gli uomini dove agivano invece il senso positivo la percezione di uno stile di vita, anche in assenza di un periodo di formazione prima della scelta.

I limiti di questi report riguardano la selezione dei soggetti che già hanno scelto la specialità e quindi la focalizzazione su aspetti di selezione positiva, sfuggono invece le motivazioni per cui una donna non sceglie questo tipo di carriera ed intervenire su questi fattori viene più volte ribadito dalla letteratura essere un fattore “vitale”.

Un altro record negativo per l’ortopedia riguarda la rappresentanza delle donne chirurgo alla vita attiva all’interno delle società scientifiche sia nazionali e regionali, che sub specialistiche. Nella Siot, dati aggiornati ad oggi, le chirurghe sono il 10,2% (456 su 4.434 iscritti). Non è diversa la situazione in altri Paesi. Negli Usa le iscritte alla Aaos (American academy of orthopaedic society) sono il 6,5%, con una percentuale dello 0,6 % per la sub specialità del ginocchio e 0,6% per quella dell’anca; in Grecia al 2020 erano il 3% (68 su 2.226); in Francia il 7% nel 2019 (248 su 3.553); in Giappone sono al 4% (Errani et al., Sicot-J, 2021).

Accanto a questi dati negativi molti studi hanno dimostrato come la diversità di genere abbia un impatto positivo sui risultati e sulla soddisfazione dei pazienti. Wallis et al., hanno condotto uno studio retrospettivo sulla popolazione canadese, analizzando 1.159.687 procedure chirurgiche (chirurgia generale, ostetrica e ginecologica, plastica) eseguite da donne e uomini e hanno trovato che i pazienti trattati da donne chirurgo mostravano una riduzione statisticamente significativa della mortalità a 30 giorni (Wallis et al, Bmj, 2017).

L’interesse nazionale della gestione del gender gap in Sanità ha implicazioni non solo di eccellenza delle cure ma anche di impiego di risorse di formazione sulla popolazione femminile che poi non viene utilizzata in termini di potenzialità per bias attribuibili a comportamenti sociali, spesso (ci auguriamo) inconsapevoli (unconscious bias). La possibilità inoltre di sostenere e sviluppare il talento delle donne chirurgo che hanno compiuto il ciclo di formazione come i colleghi uomini, porterebbe ad un aumento di competenze di alto livello di cui beneficerebbe l’intera comunità in termini di qualità delle cure senza un bias di genere sul curante.

La Siot ha compiuto un passo importante, e ci auguriamo che questo sia seguito da altre Società che vogliono impegnarsi della riduzione di gap di cui tutti paghiamo lo scotto.  

di Maria Silvia Spinelli, coordinatrice Commissione Siot pari opportunità e medicina di genere, e dei membri della Commissione prof. Alberto Di Martino, dr. Davide Bizzoca, dr.ssa Giusi Resmini, dr. Costantino Errani, dr.ssa Maristella Saccomanno, dr.ssa Anna Maria Moretti, dr.ssa Barbara Rossi.

mercoledì 19 maggio 2021