Per la deforestazione mondiale un’inversione di tendenza ancora troppo lenta
Nonostante le iniziative locali e globali non si arresta la perdita delle foreste, minacciate anche dai cambiamenti climatici. Persi in trent’anni 420 milioni di ettari.
di Maddalena Binda
A novembre 2022 Brasile, Indonesia e Repubblica democratica del Congo hanno firmato un accordo di cooperazione per negoziare un fondo destinato a tutelare le proprie foreste, a fermare la deforestazione e a ripristinare gli ecosistemi. Le foreste tropicali dei tre Paesi costituiscono oltre la metà delle foreste tropicali mondiali, ma sono anche fortemente a rischio: nel 2021 il Brasile e la Repubblica democratica del Congo sono stati i primi due Paesi per perdita di foreste tropicali primarie. La lotta alla deforestazione è stato uno dei temi centrali della campagna elettorale del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, invertendo le politiche adottate da Jair Bolsonaro che hanno portato, nel 2021, alla perdita di 1,5 milioni di ettari di foreste.
Un risorsa preziosa in pericolo. Le foreste possono essere importanti alleate per contrastare il cambiamento climatico, assorbendo circa un terzo delle emissioni di CO2 prodotte nel mondo. Garantiscono, inoltre, diversi servizi eco sistemici, i benefici offerti dall’ambiente naturale all’uomo come l’acqua potabile, la protezione della fertilità del suolo, la riduzione dei rischi idrogeologici e la regolazione del clima.
Nonostante il ruolo fondamentale svolto, le aree forestali sono in continua diminuzione a livello globale: la Fao stima che tra il 1990 e il 2020 sono andati persi 420 milioni di ettari di foreste, una superficie equivalente a quella dell’Unione europea. Il tasso di deforestazione, però, sta rallentando: secondo i dati del World research institute, ad esempio, tra il 2020 e il 2021 le foreste tropicali perse sono diminuite dell’11%. La deforestazione contribuisce non solo alla perdita di habitat e di biodiversità, ma anche all’emissione di carbonio: i 3,75 milioni di ettari di foreste tropicali primarie perse nel 2021, ad esempio, hanno rilasciato 2,5 Giga tonnellate di CO2 nell’atmosfera, l’equivalente delle emissioni annue legate ai combustibili fossili in India.
Tra le principali cause della deforestazione ci sono l’espansione dei terreni da dedicare all’agricoltura e all’allevamento, l’estrazione di minerali e la produzione di energia: Global forest watch stima che il 40% della deforestazione a livello globale sia causato dalla produzione di beni come la carne bovina, la soia, l’olio di palma, la carta, l’energia e i minerali.
Anche i cambiamenti climatici costituiscono un pericolo sempre maggiore per le foreste. Tra il 2001 e il 2021, ad esempio, il 27% delle foreste perse è stato distrutto dagli incendi, che sono stati favoriti dalle alte temperature, dai periodi di siccità e dalla secchezza della vegetazione. La siccità, inoltre, rende le foreste più vulnerabili e maggiormente esposte alla diffusione di parassiti e patogeni.
Segnali di cambiamento. Nel 2021, con la firma della “Dichiarazione dei leader sulle foreste e sul suolo”, 145 Paesi si sono impegnati a “fermare e invertire la perdita di foreste e il degrado del suolo entro il 2030”. Positiva sono anche i risultati ottenuti dall’Indonesia che, per il quinto anno consecutivo, ha visto diminuire il tasso di deforestazione delle proprie foreste.
Un altro esempio di gestione sostenibile delle foreste è quello del Nepal che, a partire dagli anni ’80, ha affidato la gestione di una parte delle aree forestali alle comunità locali e ai volontari. Le foreste sono raddoppiate tra il 1992 e il 2016, arrivando a ricoprire circa il 45% del territorio nazionale, e contribuendo alla mitigazione delle conseguenze delle alluvioni e favorendo lo sviluppo economico locale.
Tra le iniziative di riforestazione più conosciute c’è la Grande muraglia verde: lanciata nel 2007 da 11 Paesi africani prevede la creazione di una cintura verde lunga 8mila km nella regione del Sahel. A giugno 2022 è stato realizzato il 18% del progetto, con il ripristino di 20 milioni di ettari di aree degradate e la creazione di 350mila posti di lavoro. Ancora lontano dall’obiettivo di restaurare, entro il 2030, 100 milioni di ettari di terra, sequestrare 250 milioni di tonnellate di carbonio e creare 100 milioni di green job nelle aree rurali. Aumentare le risorse finanziare, rafforzare il grado di coordinamento tra i Paesi coinvolti e porre le questioni ambientali come priorità nelle agende politiche sono tra le principali sfide da risolvere per il raggiungimento del progetto.
Italia sempre più verde. Secondo l’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio, realizzato dall’Arma dei carabinieri con il supporto scientifico del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi per l’economia agraria (Crea), la superficie forestale totale è pari al 36,7% del territorio italiano. Continua, quindi, l’espansione delle aree boschive e forestali che occupano spazi lasciati vuoti dalle attività agricole, confermando una tendenza osservata negli ultimi anni in Itali. Aumenta, tuttavia, anche la vulnerabilità delle foreste a causa degli effetti degli eventi estremi e della diffusione di specie patogene.
Per valutare complessivamente l’impatto dell’Italia sulle foreste occorre prendere in considerazione anche la “deforestazione incorporata”, ovvero la deforestazione causata da prodotti e servizi importati. Secondo i dati del Wwf, infatti, l’Italia si è posizionata al secondo posto tra i Paesi membri dell’Unione europea, incluso il Regno unito, contribuendo alla deforestazione di un’area pari a 35mila ettari tra il 2005 e il 2017.
L’Unione europea è seconda solo alla Cina per deforestazione incorporata, essendo responsabile, nel 2017, del 16% della deforestazione globale. Per limitare questo problema a settembre 2022 il Parlamento europeo ha espresso parere favorevole sulla proposta della Commissione per un regolamento sui prodotti privi di deforestazione. Se introdotta la legge obbligherà le aziende a verificare che i beni venduti, come il cioccolato, il caffè, l’olio di palma e il legname, non siano stati prodotti in aree deforestate o degradate.
Segnali positivi che non devono spostare l’attenzione sulla continua perdita di foreste e sulle conseguenze sempre maggiori dei cambiamenti climatici. Occorre, quindi, adottare a livello locale e globale politiche di ripristino delle aree degradate e piani di adattamento ai cambiamenti climatici per salvare le foreste.