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In equilibrio tra Cina e India: è questa l’Asia che verrà?

La Cina prova a mantenere un ruolo centrale nel contesto asiatico, mentre l’India cerca nuovi spazi per affermarsi. Entrambi i Paesi dovranno affrontare importanti sfide interne per poter guidare il continente.

di Maddalena Binda

L’invasione russa in Ucraina ha creato nuovi spazi e opportunità per le due principali potenze asiatiche. Il confronto politico ed economico tra Cina e India diventa sempre più rilevante per gli sviluppi del continente: da un lato la Cina cerca di rafforzare il proprio ruolo come potenza responsabile e di cambiare l’ordine mondiale; dall’altro l’India, con il suo alto tasso di crescita economica e il suo andamento demografico, rappresenterà nei prossimi anni un punto di interesse per gli investimenti esteri e un possibile alleato per l’Occidente. Le due potenze dovranno, tuttavia, superare alcuni ostacoli interni, come, ad esempio, il rallentamento della crescita economica per la Cina e le disuguaglianze sociali per l’India, per poter realizzare i propri obiettivi. La decisione di Cina e India di non schierarsi contro la Russia, oltre che dalla tradizionale posizione di non allineamento, può essere motivata anche dagli interessi economici e geopolitici dei due Paesi in prospettiva di nuovi scenari nel continente asiatico.

Il movimento dei Paesi non allineati. Era il 1955 quando venne indetta da India, Repubblica popolare cinese, Pakistan, Indonesia, Birmania e Ceylon (attuale Sri Lanka) la Conferenza di Bandung. Vi parteciparono 29 Paesi africani e asiatici per discutere del ruolo che potevano assumere in un mondo diviso in due blocchi. A conclusione della Conferenza vennero approvati dieci principi, tra cui quello di non ingerenza, di autodeterminazione e di neutralismo. A partire anche da questo documento è nato, nel 1961, il movimento dei Paesi non allineati, gruppo oggi costituito da 120 Paesi membri e 17 Paesi osservatori.

Pochi anni dopo Mao Zedong formulò la teoria dei “tre mondi”: il primo mondo formato dalle potenze egemoni, cioè gli Stati uniti e l’Unione sovietica; il secondo costituito dai Paesi sviluppati, dipendenti dalle potenze egemoni; il terzo mondo include i Paesi ex-colonie che devono cercare forme alternative di cooperazione e sviluppo.

Settant’anni dopo, a seguito dell’invasione russa in Ucraina, il mondo sembra stia tornando, gradualmente, a polarizzarsi, in uno scontro tra democrazia e autoritarismo. In questo contesto alcuni Paesi hanno assunto posizioni ambigue sulla guerra in Ucraina, spesso considerandola come un conflitto tra Russia e Paesi della Nato.

Lezioni di equilibrismo da Cina e India. È il caso dell’India e della Cina che si sono limitate a rivolgere generici inviti alla cooperazione e alla diplomazia per il raggiungimento della pace, senza condannare mai apertamente la decisione di Vladimir Putin.

La Cina da un lato cerca di rispettare il principio di non interferenza, su cui ha basato la propria politica estera, e di non ledere i rapporti con la Russia, dall’altro aspira a mantenere l’immagine di potenza pacifica e responsabile. Gli sconvolgimenti sul piano internazionale, per il Partito comunista cinese, costituiscono un ostacolo per i propri ambiziosi progetti. Durante il vertice della Shanghai cooperation organization (Sco) svoltosi a Samarcanda nel settembre 2022, il presidente Xi Jinping, che per la prima volta dallo scoppio della pandemia si è recato in viaggio all’estero, ha espresso le proprie preoccupazioni sulla guerra in Ucraina e ha sottolineato la necessità di rafforzare la cooperazione tra i Paesi membri della Sco e nelle altre organizzazioni internazionali.

Anche il primo ministro Narendra Modi ha dichiarato, in un colloquio con Vladimir Putin durante il summit della Sco, che “questo non è il momento per una guerra”. Il presidente russo ha risposto riconoscendo le preoccupazioni dell’India e accusando l’Ucraina di non voler negoziare. Nonostante questa dichiarazione, l’India continua a mantenere strette relazioni commerciali con la Russia, in continuità con la posizione ambigua assunta dall’inizio del conflitto.

L’India si è astenuta frequentemente durante la votazione sulle risoluzioni dell’Assemblea generale dell’Onu nei confronti dell’aggressione russa. La motivazione potrebbe essere legata allo storico sostegno dell’Unione sovietica (e della Russia) a New Delhi sulla questione del Kashmir, territorio storicamente conteso tra l’India e il Pakistan. La scelta dell’India di non schierarsi apertamente contro l’invasione russa potrebbe essere motivata anche dal tentativo di evitare un ulteriore avvicinamento tra Russia e Cina, Paese con cui sussistono storiche rivalità lungo il confine sull’Himalaya, sfociate in scontri tra gli anni ’50 e ‘60 e riaccesesi a seguito della morte di venti soldati indiani nel 2020.

Questioni economiche. Russia e India hanno, inoltre, forti legami commerciali. L’India è il maggior importatore di armi al mondo e negli ultimi anni ha cercato di diversificare le proprie forniture e limitare la propria dipendenza dalla Russia. Nonostante gli sforzi, la Russia rimane, tuttavia, strategica per il settore militare indiano: secondo lo Stockholm international peace research institute (Sipri) nel 2021 il 46% delle armi importate proveniva dalla Russia.

A seguito dello scoppio della guerra, sono aumentate le importazioni di petrolio e carbone russo: Nirmala Sitharaman, ministro delle finanze indiano, ha dichiarato che nel 2022 l’import di petrolio russo è passato dal 2% al 12%-13%. Con l’approvazione delle sanzioni e il progressivo isolamento commerciale della Russia il prezzo del petrolio grezzo russo è diminuito, diventando un importante fonte di approvvigionamento per il governo indiano che deve soddisfare la crescente domanda interna di energia, cercando di mantenere bassi i costi.

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Cresce il ruolo dell’India. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale (Fmi) a settembre 2022 l’India ha sorpassato il Regno unito, diventando la quinta economia globale. L’Unione europea monitora attentamente la crescita dell’economia indiana: secondo le previsione strategiche pubblicate nel 2021, l’India potrebbe superare l’economia dell’Ue entro il 2050, affermandosi come terza potenza economica dopo la Cina e gli Stati uniti.

Nonostante l’impatto della pandemia da Covid-19, in particolare sul settore informale, le stime prevedono che nel 2022 la crescita economica indiana dovrebbe attestarsi intorno al 7%. Lo sviluppo economico è favorito dall’andamento demografico. La popolazione indiana costituisce un largo bacino di manodopera che sarà disponibile anche nei prossimi anni: secondo i risultati del National Family Health Survey-5 (2019-2021) il 26.5% della popolazione ha meno di 15 anni. L’economia indiana, inoltre, è trainata dalla domanda interna che con i propri consumi e investimenti costituisce circa il 70% dell’attività economica.

Proiezioni sulla percentuale di Pil globale

Nel 1975 i Paesi del G7 possedevano il 60% del Pil globale, mentre oggi la percentuale è scesa al 40%. Il peso economico degli Emerging 7 (Brasile, Cina, India, Indonesia, Messico, Russia e Turchia) vale oggi due terzi del Pil dei Paesi del G7. Cambiano i rapporti economici e, di conseguenza, il peso dei Paesi emergenti nelle istituzioni internazionali.

Nuovi scenari geopolitici. La Repubblica popolare cinese promuove da diversi anni la necessità di rimodellare il sistema internazionale, oggi basato sul primato degli Stati uniti, e propone nuove forme di cooperazione in ambito di sviluppo e sicurezza. La Nuova via della seta, lanciata nel 2013 da Xi Jinping, è uno dei principali esempi di questa visione del mondo: un progetto volto non solo a creare nuove infrastrutture, ma anche a rilanciare le relazioni tra i Paesi coinvolti, contribuendo all’affermazione della Cina come potenza internazionale responsabile.

Con lo scoppio della pandemia, tuttavia, la Cina ha adottato misure restrittive, limitando viaggi e imponendo rigidi lockdown, con lo scopo di perseguire la politica zero Covid con la quale il presidente Xi Jinping si è impersonificato. Queste politiche hanno contribuito al rallentamento della crescita economica: secondo le previsioni della Banca mondiale, nel 2022 la Cina potrebbe crescere solo del 2.8%. Xi Jinping dorvà impegnarsi a consolidare il patto non scritto tra società e partito che si basava storicamente sullo sviluppo economico. Un’altra sfida interna al Paese è rappresentata dall’andamento demografico: secondo i dati del settimo censimento nazionale condotto nel 2020, la popolazione sopra i 60 anni è passata, in un decennio, dal 13,2% al 18,1%. L’allentamento della politica del figlio unico potrebbe non essere una misura sufficiente per invertire il trend demografico.

Le scelte politiche cinesi possono favorire l’India nell’occupare una posizione più rilevante in Asia e sullo scenario internazionale. Data la storica rivalità con la Cina, l’India, inoltre, potrebbe rivelarsi un importante alleato per l’Occidente nel contesto di crescenti tensioni tra Washington e Pechino.

L’India ha, tuttavia, alcune sfide interne da affrontare per poter raggiungere l’obiettivo, posto dal governo di Modi, di diventare una potenza sviluppata entro il 2047 e raggiungere l’autosufficienza nazionale (Atmanirbhar Bharat). Nonostante lo sviluppo economico che ha permesso a milioni di persone di sollevarsi dalla soglia di povertà, la ricchezza in India non è equamente distribuita: secondo le stime di Oxfam, il 10% della popolazione indiana detiene circa il 77% della ricchezza del Paese.

Un’altra sfida è rappresentata dall’estremismo religioso, dalle persecuzioni nei confronti dei musulmani e dalle conseguenti tensioni sociali: il governo guidato da Narendra Modi ha approvato, negli anni, leggi che discriminano la popolazione musulmana, che costituisce circa il 15% della popolazione indiana, limitandone le libertà. Il sentimento anti-musulmano largamente diffuso e le continue forme di discriminazione causano tensioni e scontri in diverse aree del Paese.

Mentre l’Occidente osserva la guerra in Ucraina, preoccupato dallo scontro tra democrazia e autoritarismo, lo scenario geopolitico in Asia evolve gradualmente. Se i prossimi decenni vedranno l’India o la Cina alla guida del continente dipenderà, in parte, dagli equilibri sociali nei due Paesi e dalle scelte di politica interna.

fonte dell'immagine di copertina: backyardproduction/123rf

mercoledì 19 ottobre 2022