Africa 2050 tra emergenza e ambizione, i possibili scenari di evoluzione
La pandemia sta impoverendo la classe media, ma il Continente è diventato un laboratorio per l’innovazione e ospita l’area di libero scambio più grande del mondo. Un quadro con speranze e incognite.
di Viola Brancatella
Quando Thabo Mbeki si è insediato come presidente del Sudafrica nel 1999, nel suo discorso ha parlato di “secolo africano”, dando il benvenuto alla cosiddetta African Renaissance: la rinascita del continente africano e del Sudafrica dopo un secolo di apartheid.
Dal 1999, in effetti, l’Africa ha registrato un ritmo di crescita inarrestabile: ha raggiunto un livello di istruzione che garantisce sei anni in media di scolarizzazione rispetto ai quattro degli anni ‘90 ( la media globale è otto anni), ha registrato un aumento esponenziale della popolazione, che porta sul mercato del lavoro circa un milione di africani ogni mese ed è diventato un hub di innovazione tecnologica con ben 400 aziende locali da un milione di dollari, più redditizie delle loro controparti nel resto del mondo.
L’espansione delle imprese locali ha portato il continente africano a diventare un laboratorio di prova per l’innovazione globale. Come spiega l’articolo “Africa: a crucible for creativity” pubblicato su Harvard Business Review, “se è possibile creare un prodotto, un servizio o un modello d’impresa abbastanza economico e solido da avere successo in Africa, è probabile che sarà competitivo in molte altre regioni del mondo”.
Questa dinamica ha favorito la sperimentazione aziendale su vari fronti, dai settori high-tech e low-tech, al settore agricolo, ai trasporti, al microcredito e ai servizi bancari da parte di imprese africane che sono cresciute esponenzialmente, come l’impresa Equity Bank, nata in Kenya nel 2004, che nel 2017 contava oltre 12 milioni di clienti in tutta l’Africa orientale, più di cinque miliardi di dollari di asset e 270 milioni di dollari di profitti al lordo delle imposte.
Ben sette Paesi africani, con Uganda ed Egitto in testa, inoltre, sono stati inseriti dal Centro per lo sviluppo internazionale dell’Università di Harvard tra le 15 economie in crescita entro il 2027, grazie a un sistema educativo che migliora, uno sforzo ambizioso per abbassare le barriere commerciali e la democratizzazione progressiva del continente.
Nel 2017, è stato avviato il G20 Global Compact with Africa, che riunisce oggi 12 Paesi africani, insieme ad alcune organizzazioni internazionali e ai partner bilaterali del G20, con l’obiettivo di promuovere gli investimenti privati in Africa.
Nel 2019, altri due eventi importanti hanno segnato il calendario della rinascita africana.
A ottobre 2019 il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali è stato insignito del premio Nobel per la pace per uno storico accordo con l’Eritrea e nel luglio dello stesso anno è stato firmato da 54 Paesi il trattato di libero commercio continentale africano (Afcfta) che regola l’apertura delle frontiere e la creazione di un’area panafricana di scambio commerciale, la più grande al mondo.
Secondo il rapporto della Banca Mondiale, l’accordo, che è entrato in vigore da quest’anno, potrebbe aumentare il reddito africano del 7% (per un totale di 450 miliardi di dollari) entro il 2025, agevolare la crescita dei salari per le donne e strappare 30 milioni di persone alla povertà estrema.
Secondo gli esperti, l’Africa al momento è il continente più giovane del mondo ed è destinato ad arrivare a 2,3 miliardi di persone in 30 anni, con un tasso di crescita demografica del 2,7% all’anno, contro l’1,2% dell’Asia e lo 0,9% dell’America Latina. L’aspettativa di vita prevista è in continuo aumento, dai 61 anni di oggi ai 68 del 2040 e, come riporta The Economist, la popolazione africana raddoppierà entro il 2050, quando più di un quarto dell’umanità sarà africana.
L’ingente crescita demografica provocherà un drastico aumento della domanda di servizi pubblici e di infrastrutture, mentre l’aumento del livello di istruzione contribuirà ad accrescere le pressioni sociali sul fronte politico e sociale, con effetti che potrebbero favorire una democratizzazione sempre maggiore del continente.
Nonostante la crescita impetuosa e ambiziosa degli ultimi anni, il continente africano, e in particolare l’Africa subsahariana, soffre ancora di problemi dovuti alla mancanza di infrastrutture di base come l’accesso all’acqua pulita, servizi igienici, e strade con oltre 600 milioni di persone che non hanno ancora accesso all’elettricità.
Inoltre, secondo il Fondo Monetario Internazionale, i Paesi dell’Africa subsahariana entro il 2023 accumuleranno un deficit di 290 miliardi di debito pubblico. Secondo i dati diffusi dall’Agenzia francese di sviluppo (Afd), prima della pandemia il debito pubblico africano ammontava ad oltre il 60% del pil complessivo del continente, pari a una cifra di oltre 1.330 miliardi di dollari, all’incirca mille dollari di debito per ogni cittadino africano.
L’arrivo della pandemia di Covid-19 nel 2020 ha inasprito le condizioni di vita in Africa e ha determinato una importante recessione dopo 25 anni di crescita ininterrotta. Il Fondo Monetario Internazionale stima un bisogno di almeno 285 miliardi di dollari di nuovi finanziamenti nel quinquennio 2021-2025 per investimenti indispensabili a non pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2030 e quelli dell’Agenda 2063 dell’Unione africana.
Secondo le stime dell’agenzia di stampa Afp, nel continente africano ci sono stati 130 mila decessi per Covid-19 finora, rispetto a quasi 3,4 milioni in tutto il mondo, sebbene gli esperti ritengano che i conteggi potrebbero essere sottostimati. Oltre alla crisi sanitaria, e alla mancanza di vaccini, con la pandemia si è abbattuta sull’Africa una crisi economica senza precedenti, con una perdita stimata da Mckinsey & Company tra i 90 e i 200 miliardi di dollari soltanto nel 2020. Sono crollati gli scambi commerciali, soprattutto con la Cina e con i compratori europei di materie prime come caffè e petrolio e il turismo, settore in crescita che rappresenta il 10% del Pil africano, si è paralizzato, andando a incidere sui redditi di almeno 24 milioni di famiglie. La crescita africana è del 3,2% rispetto al 6% previsto per il resto del mondo, mentre la African Development Bank ha previsto che fino a 39 milioni di persone potrebbero cadere in povertà quest’anno, con molti Paesi africani a rischio per i debiti causati dalla pandemia.
Per ovviare alle difficoltà economiche e sanitarie del continente africano, nell’aprile 2020, 18 leader europei e africani hanno firmato un appello sull’impatto finanziario della crisi sanitaria in Africa, cui ha seguito un anno dopo la moratoria sulla restituzione del debito pubblico africano da parte degli stessi Paesi firmatari dell’appello e dal G20, che ha accordato il differimento del pagamento di 5,7 miliardi di dollari di interessi ai 31 Paesi africani che ne hanno beneficiato.
A questa iniziativa ha fatto seguito il 18 maggio 2021 il vertice di Parigi, in cui è stata confermata l’emissione di diritti speciali di prelievo (Dsp) per un importo di 33 miliardi di dollari per l’Africa, di cui 24 miliardi per l’Africa subsahariana, sui 650 miliardi ritenuti adeguati per sanare l’impatto finanziario della crisi sanitaria in Africa. Accanto agli aiuti economici, il summit di Parigi ha proposto di accelerare tutti gli strumenti a disposizione, a partire dal Covax, per far giungere in Africa una grande quantità di vaccini, come la condivisione volontaria della proprietà intellettuale dei vaccini e la diffusione delle tecnologie necessarie per produrli nel continente.
Si possono ipotizzare le conseguenze economiche, sociali e politiche della pandemia per il continente africano a partire dalle fragilità riscontrate fino ad oggi: primi tra tutti l’aumento della povertà tra le classi medie, l’inasprimento degli effetti del cambiamento climatico, come siccità e carestie, l’ascesa del jihadismo nell’Africa subsahariana e l’aumento dei conflitti armati, come effetto indiretto della sospensione dei processi di democratizzazione. Secondo i dati dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, per fronteggiare la pandemia e non tornare indietro di decenni, l’Africa necessita di aiuti sanitari e di ingenti aiuti economici, insieme al congelamento dei debiti da parte del G20, condizioni necessarie affinché il continente africano riprenda la sua crescita e metta a frutto le sue ambizioni.
In conclusione, il futuro dell’Africa si presenta ricco di prospettive ma anche di incognite. L’evoluzione degli oltre 50 Paesi del Continente è fortemente disomogenea: The economist
segnala il confronto tra Ruanda e Burundi e quello tra Botswana e Zimbabwe: Nel 1990 il Burundi era quasi due volte più ricco del Ruanda, ma da allora i redditi in Ruanda a parità di potere d’acquisto si sono triplicati mentre quelli del Burundi sono diminuiti. All’inizio degli anni ‘80 lo Zimbabwe era più ricco del Botswana. Oggi il Botswana è sette volte più ricco dello Zimbabwe. L’efficienza dei governi è un elemento determinante., così come è fondamentale il superamento delle numerose situazioni di violenza e di guerra, alimentate da qualche anno dal diffondersi del Jihadismo, dalla fascia subsahariana fino al Mozambico.
Un altro elemento determinante sarà la capacità degli Stati di migliorare la qualità della vita nelle aree rurali. La fuga dalle campagne verso metropoli sempre più grandi e disordinate è caratteristica del continente africano, a causa di sovrappopolazione, impoverimento delle terre (e talvolta di land grabbing a opera di spregiudicate multinazionali occidentali o cinesi) cambiamenti climatici, e anche per la mancanza di elementari infrastrutture come la rete elettrica e i servizi sanitari di base.
Infine, è da capire se gli africani riusciranno a essere “padroni a casa loro”. La Cina ha investito massicciamente in molti Paesi del Continente, ma al tempo stesso ha concesso ingenti prestiti il cui mancato pagamento potrebbe tradursi nel passaggio di proprietà di alcune infrastrutture, come sta avvenendo per il porto di Gibuti.
La partita geopolitica sul continente africano è dunque molto complessa, con possibili esiti molto diversi, ma comunque fortemente condizionanti anche per la vicina Europa.
di Viola Brancatella