La cybersicurezza diventa un gioco da ragazze
Tante adesioni al programma di formazione CyberTrials che punta sul gaming. Ma l’esperta ci ricorda che la sicurezza in Rete è un tema complesso.
di Annamaria Vicini
Per Girls in Ict (Giornata internazionale delle ragazze nelle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione) che cade il 28 aprile di ogni anno, l’Itu, l’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite, ha identificato come tema per il 2022 "Accesso e sicurezza".
Un tema fondamentale, e non solo per le donne, come ci rammenta l’intensificazione di attacchi cyber da qualche anno a questa parte e come frequentemente ci ricordano i numerosi tentativi di truffe online a cui siamo esposti.
Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, si può pensare che, proprio a causa di ciò, in questo settore si aprirà un’enorme opportunità di lavoro, posto che non solo i privati ma anche le aziende necessitano e sempre più necessiteranno di esperti in cybersicurezza.
Sappiamo però che nel nostro Paese il divario digitale di genere è tuttora molto elevato e il confronto con gli altri Paesi a livello europeo vede l’Italia agli ultimi posti: meno del 15% degli studenti universitari Ict sono donne contro il 31,59% della Romania che detiene il primo posto in classifica. Conseguenza di ciò è anche la scarsa presenza di donne che hanno un’occupazione nei settori tecnologici: un’indagine di Openpolis vede l’Italia nelle ultime cinque posizioni con il 15,7% contro il 28,20 della prima in classifica (in questo caso la Bulgaria).
Insomma, se è vero che quanto a divario di genere in ambito digitale nessuno dei Paesi Ue può esultare, è evidente che abbiamo molto da recuperare e spesso proprio in confronto agli “ultimi arrivati” nella grande famiglia europea.
La causa della mancata scelta da parte delle ragazze di percorsi formativi in ambito scientifico e conseguentemente di un accesso limitato alle carriere tecnologiche è principalmente culturale. Lo dimostra un’indagine del decennio scorso sugli studenti che avevano svolto i test Ocse-Pisa, i cui risultati dimostravano come i maschi avessero avuto accesso all’uso del computer in età più precoce rispetto alle coetanee femmine.
A fronte di questa situazione assume ancora più importanza un’iniziativa del Laboratorio nazionale di Cybersecurity del Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica che ha lanciato il programma di formazione CyberTrials esclusivamente rivolto alle ragazze.
Partito a fine marzo, ha visto un’adesione massiccia e inaspettata per gli stessi organizzatori: 380 le domande da parte di giovani donne, tra i 14 e i 19 anni, per accedere al corso avanzato di conoscenza dei principi del mondo digitale e delle tecniche di attacco e difesa nel mondo cyber. Intelligence da fonti aperte, verifica delle fonti, ingegneria sociale, diritti online, ma anche indirizzi Ip, domini e Dns, sono alcuni dei temi che le partecipanti affrontano durante le lezioni frontali online, tenute da alcuni dei massimi esperti italiani del settore.
Ma la parte metodologicamente più innovativa, durante la quale le studentesse hanno l’opportunità di sperimentare sul campo nozioni e tecniche apprese, è quella dedicata al gaming: le iscritte vengono infatti coinvolte in un gioco di ruolo collettivo, progettato specificatamente per CyberTrials dai ricercatori del Game Science Research Center, il primo centro di ricerca interuniversitario che si occupa di game science, nato presso la Scuola Alti Studi Lucca nel 2019 in collaborazione con Lucca Crea e a cui aderiscono l’università di Modena e Reggio Emilia e l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
Il tema della cybersicurezza è però, come dicevamo all’inizio, tutt’altro che un gioco.
A ricordarcelo è una giornalista, Carola Frediani (non a caso tra gli esperti coinvolti nel suddetto programma di formazione), che alle Guerre di Rete ha dedicato una seguitissima newsletter e più recentemente, insieme ad altri colleghi, un sito nato con l’obiettivo di fornire un’informazione accurata e approfondita che dia conto della rilevanza e della complessità dei temi legati a questo mondo.
Scrive Frediani nel suo editoriale:
“Oggi la cybersicurezza è al centro di dinamiche di potere, di geopolitica, di economia, anche se lo fa in modo trasparente, come un tessuto connettivo tra le articolazioni, che rimangono bloccate se questo viene leso. E quando succede, le conseguenze si abbattono sui singoli cittadini come un’improvvisa siccità o un’alluvione causate dal cambiamento climatico: se ne è parlato per anni, ma nessuno ha fermato il cataclisma, e nessuno sa a chi addossare le responsabilità del disastro. I danni sono esternalizzati. Le soluzioni offerte sono nel migliore dei casi delle toppe, nel peggiore mero marketing.
In tale scenario – reso ancora più teso da questi giorni di guerra – i cittadini sono sempre più consapevoli di come la cybersicurezza si intrecci con la privacy, i diritti umani, la libera espressione del proprio io, le attività economiche, i servizi statali, la partecipazione al dibattito pubblico, lo scontro ideologico, la democrazia, i conflitti. Eppure, possono contare su pochi riferimenti politici, culturali e mediatici per leggere e interpretare la realtà. Anche farsi una banale opinione è un’impresa se mancano i fatti.
Ed è per questo che abbiamo deciso di fare la nostra parte. Pensiamo che fare informazione su questi temi non sia più rimandabile”.
Un esempio di slow journalism che non rincorre i click e avversa le bufale.
Un esempio virtuoso, che merita di essere conosciuto e diffuso.
di Annamaria Vicini