Ripensare il mondo. Cradle to Cradle come un'opportunità di design
Una conversazione con l'ideatore del modello, l’ingegnere Michael Braungart: “Non più rifiuti inutili, ma solo materie prime utili”.
di Karoline Rörig
Sebbene all'inizio dell'autunno l'economia globale sia ancora in crisi (e in molti casi continui ad andare avanti come sempre senza ripensare criticamente i propri modelli economici, i sistemi, gli obiettivi, i prodotti e i metodi di produzione, il commercio e le catene di approvvigionamento), in questo blog non vogliamo abbandonarci a pensieri disfattisti, ma piuttosto affrontare i problemi in modo critico e costruttivo. Oggi ci concentriamo su un modo alternativo di fare business che abbiamo già discusso con esperti del mondo politico, scientifico e imprenditoriale al Festival dello Sviluppo sostenibile 2023 nell'ambito del programma platea2030 e dei nostri partner: l'economia circolare.
Numerose analisi e studi internazionali evidenziano il grande potenziale di questo sistema, sia in termini di protezione delle risorse e del clima, sia per quanto riguarda i possibili risparmi sui costi e una maggiore competitività. Tuttavia, nonostante questi validi argomenti a favore dell'economia circolare, i modelli di produzione e consumo delle nostre società sono ancora in gran parte lineari. Finora, la progettazione e l'utilizzo di prodotti di tipo circolare raramente vanno oltre le applicazioni di nicchia. Un cambiamento di sistema è ancora molto lontano.
Ma ci sono modelli, idee e concetti che possono portarci. Oggi vi presentiamo uno dei pionieri del settore: il professore Michael Braungart, ingegnere di processo e chimico, che insieme al collega statunitense William McDonough ha sviluppato il principio Cradle to Cradle alla fine degli anni '90, più di 30 anni fa. Il suo curriculum e la varietà delle sue iniziative sono impressionanti. Oggi è attivo soprattutto nell'insegnamento, presso le Università di Lüneburg e Rotterdam, e nella consulenza: con la propria agenzia, Braungart Epea, che comincia a essere attiva anche in Italia (rappresentata da Stefano Piroli, vedi sotto), ma anche come membro di numerose altre istituzioni e Ong, come l'omonima iniziativa Cradle to Cradle, che organizza anche il Congresso internazionale Cradle to Cradle che si è appena svolto a Berlino (vedi qui per un riepilogo), a margine del quale abbiamo avuto l'opportunità di parlare con Braungart.
Cosa significa Cradle to Cradle?
Cradle to Cradle significa semplicemente ideare e progettare tutte le cose in modo che siano utili e innocue per l'uomo e la natura. L'idea di base è semplice: come possiamo diventare buoni e utili per questo pianeta? Non si tratta quindi di solo minimizzare l'impronta ecologica, che certamente suscita un effetto importante, ma alla fine significa solo "meno distruzione", non "protezione". Cradle to Cradle fa un passo avanti decisivo, mira a un miglioramento fondamentale dei prodotti, a partire dalla loro ideazione e progettazione e dalla domanda: qual è la cosa giusta? Dobbiamo ripensare le cose, reinventarle: con Cradle to Cradle, il motto non è “reduce, reuse, recycle” (ridurre, riutilizzare, riciclare), ma “rethink, reinvent, redesign” (ripensare, reinventare, riprogettare). L'obiettivo è di disegnare e concepire prodotti e processi che supportino la natura e l'ambiente, in modo che non ci siano più rifiuti inutili, ma solo materie prime utili.
Distinguiamo tra due sfere, il ciclo organico e ciclo tecnico: nel ciclo organico circolano i beni di consumo, come le fibre naturali, i detergenti o gli imballaggi biodegradabili, che possono essere restituiti in modo sicuro dopo l'uso. Diventano compost o altri nutrienti da cui nascono nuovi prodotti. I rifiuti di un vecchio prodotto diventano così "cibo" per uno nuovo. Lo stesso vale per i beni di consumo, come automobili, lavatrici, televisori o abbigliamento, che circolano nel ciclo tecnico. Questi prodotti devono essere ottimizzati come risorse per la successiva fase di utilizzo sin dall’inizio, cioè nel processo di design, di progettazione e produzione; in modo che dopo il loro utilizzo possano essere scomposti in materie prime pure e immessi in un nuovo ciclo tecnico.
Questa idea è tanto innovativa quanto radicale. Richiede un profondo ripensamento dell'economia, ma anche tra i consumatori: il loro comportamento di consumo, che per decenni è stato orientato da abili strateghi del marketing verso un consumo sempre maggiore, anche di prodotti del tutto superflui, dovrebbe cambiare radicalmente. Come volete favorire e raggiungere questo obiettivo?
In effetti, Cradle to Cradle significa la formazione di un nuovo modello economico: non si compra più il prodotto, ma il suo utilizzo, cioè un servizio. Allo stesso tempo, non vorrei che la vita diventasse ancora più complicata per le persone. Pertanto, l'approccio si concentra sulla base di tutto il ciclo, sul design del prodotto. Quando si creano e si introducono sul mercato nuovi prodotti “utili” nel senso di Cradle to Cradle, possiamo essere sicuri che questi vengono anche acquistati e utilizzati. Naturalmente, questo ha anche molto a che fare con un cambiamento di mentalità e con la comunicazione. Le persone sono e devono essere considerate come un'opportunità e come tali devono essere trattate e coinvolte. Il compito di realizzare questo cambiamento spetta in primo luogo all'economia, alle aziende, che sono chiamate ad agire con lungimiranza e senso di responsabilità. Prima che i politici capiscano queste cose, in genere è troppo tardi.
Infatti, numerose aziende hanno compreso ormai l'opportunità e il potenziale imprenditoriale di questo approccio e modello di business. Oggi sono circa 16mila i prodotti certificati Cradle to Cradle in tutto il mondo e probabilmente molti di più, perché sono poche le aziende certificate. Ciò che conta più del certificato è il nuovo modo di pensare e i vantaggi sono evidenti: tutti i costi di produzione, materiali e manifatturieri, possono essere calcolati e ottimizzati in modo molto preciso e per decenni in anticipo. Perché con Cradle to Cradle, i materiali riciclabili tornano indietro dopo un periodo di utilizzo esattamente misurabile. E a quel punto posso creare nuovi prodotti, altrettanto utili, avvalendomi delle tecnologie e delle innovazioni più recenti, e avere anche la possibilità di riconquistare un cliente soddisfatto per i miei prodotti.
Oggi ci troviamo in un forum italo-tedesco. Quanto è importante la cooperazione transnazionale e internazionale per espandere con successo Cradle to Cradle. Quali opportunità e compiti vede per l'Italia e per le relazioni italo-tedesche?
Cradle to Cradle purtroppo non è ancora molto diffuso in Italia. Ma vedo un grande potenziale: perché l'Italia è giustamente famosa in tutto il mondo per il suo eccellente design. Questo grande know-how, questa lunga tradizione ed esperienza possono essere rese utili per Cradle to Cradle. Però, il design non deve essere "abbellimento", ma vera e propria creazione e innovazione. Certamente, i prodotti possono essere belli, ma devono essere soprattutto utili nel senso sopra descritto, non dannosi. Prendiamo ad esempio le scarpe: il design italiano è famoso in tutto il mondo, ma non si tiene quasi mai conto dell'abrasione. Pensate: ogni persona emette ogni anno tra i 90 e i 110 grammi di microplastica solo attraverso l'abrasione delle scarpe. Per quanto sia bella questa scarpa, si tratta semplicemente di un rifiuto pericoloso. Ma è possibile realizzare scarpe la cui abrasione è biodegradabile.
Quindi si può fare in modo diverso. Non bisogna ottimizzare le cose sbagliate e dannose. Bisogna chiedersi prima di tutto: qual è la cosa giusta? Cradle to Cradle è un'opportunità di design. L'Italia è particolarmente adatta a questa sfida, perché qui c'è una comprensione profonda della bellezza e della qualità della vita, una lunga e originale cultura del design e un'imprenditoria altamente qualificata e innovativa. In questo senso, la collaborazione tra tedeschi e italiani può essere molto fruttuosa, unendo il meglio che i due Paesi e le due culture hanno da offrire: un pensiero analitico attento e un approccio emotivo sono necessario in egual misura. La vera innovazione emerge da questa interessante simbiosi.
Prof. Braungart, la ringrazio per l’intervista.
Dopo questa interessante conversazione, ho avuto l'opportunità di parlare con Stefano Piroli, agronomo e operatore in attività di educazione ambientale e alla sostenibilità da decenni, che come project manager e referente per l'Italia di Braungart Epea ci ha illustrato il lavoro che svolge in Italia:
"Premesso che Braungart Epea Italia è un cantiere in evoluzione, ci troviamo in una fase in cui l’economia circolare in Italia è ancora sinonimo di riduzione e di riciclo. Quindi gli obiettivi da raggiungere sono per lo più l’aumento della raccolta differenziata e la valorizzazione del rifiuto in risorsa, partendo però sempre dall’idea dell’irrinunciabilità del rifiuto. Come ha spiegato il professor Braungart, Cradle to Cradle ha un approccio diverso. Il modello è ancora poco conosciuto; pertanto il lavoro da intraprendere è soprattutto di tipo culturale e di accompagnamento delle aziende nella transizione dai modelli di economia lineare e di economia circolare tradizionale al principio Cradle to Cradle. Nei suoi fondamenti, ovvero la qualità dei materiali di partenza associata al design; la separazione dei due cicli o sfere, organico e tecnologico, e il concetto di prodotto come servizio per il ciclo tecnologico richiedono infatti un deciso cambiamento culturale e dell’attuale modello economico. Ci impegniamo di portare queste idee alle scuole di design e alle aziende, e accogliamo con piacere ogni suggerimento e nuova richiesta in merito".