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Dopo la morte: quale futuro per chi non ha un futuro?

Le pratiche funerarie sono mutate nel corso della storia. L’abbandono delle tradizioni sta già cambiando questo settore, con un aumento delle cremazioni, ma la ricerca di pratiche sostenibili potrebbe riservare nuove sorprese.

di Milos Skakal

“È stato più facile sistemarlo al ministero che qui al camposanto”. Questo è il commento che Mario Monicelli fa esprimere al personaggio di Giorgio Vivaldi, interpretato da Alberto Sordi, in una scena del film Un borghese piccolo piccolo. Le lamentele del protagonista del lungometraggio descrivono le difficoltà e le frustrazioni vissute nel trovare una degna sepoltura al corpo di suo figlio ucciso. Infatti, nella scena seguente, decine di bare accatastate l’una sull’altra illustrano in modo crudo e grottesco una problematica, purtroppo, ricorrente: qual è il miglior modo per gestire i corpi delle persone dopo il loro decesso? La questione deve però essere affrontata non guardando alla contingenza, ma secondo una prospettiva che illustra il contesto e le tendenze che caratterizzano il settore funerario nell’attualità, per capire quali possono essere le trasformazioni future. È doveroso sottolineare che affrontare un tema come quello del dopo-morte può rivelarsi un compito particolarmente delicato, perché tocca un insieme di ambiti diversi tra loro e connessi a questioni spirituali, etiche, politiche, economiche, igieniche e logistiche.

Il contesto attuale. Pochi anni fa la cremazione dei defunti era una pratica rara nel nostro Paese. Per motivazioni religiose (legate soprattutto alla credenza cattolica della resurrezione) il corpo alla morte veniva inumato secondo il tradizionale rito della sepoltura. È una pratica ancestrale, che affonda le sue radici nelle usanze paleocristiane delle necropoli e ancora più indietro. La sepoltura continua sicuramente a essere la scelta più diffusa, ma il settore funerario sta attraversando negli ultimi anni delle importanti trasformazioni. Secondo le stime riportate dal sito funerali.org, nel 2020 sono state effettuate in Italia 277.106 cremazioni, a fronte di un totale di decessi pari a 746.146 casi. Il dato registrato evidenzia un incremento dei feretri cremati pari al 27,31% rispetto all’anno precedente, con un aumento di 53.171 unità. Di pari passo, la mortalità è cresciuta del 17,31%, un “segno che la tendenza a scegliere la cremazione ha avuto una accelerazione durante il periodo pandemico”. Occorre qui ribadire che la cremazione dei corpi delle persone decedute a causa di una infezione del virus Covid-19 non era dovuta a ragioni prettamente sanitarie, ma piuttosto a decisioni amministrative. Sono state le direttive ministeriali, le scelte dei gestori dei cimiteri, e, ovviamente, gli ultimi voleri dei defunti a influire su questo dato. Un altro mito da sfatare è il presunto collasso del sistema funerario legato alla pandemia. È ancora molto viva nella memoria collettiva del nostro Paese l’immagine dei mezzi dell’esercito che portano via decine di bare dalla città di Bergamo, durante la prima ondata di Covid-19. Per quanto questa visione abbia segnato profondamento la coscienza dell’opinione pubblica, gli esperti rilevano che la crisi sanitaria legata alla pandemia mondiale non ha messo in crisi la gestione del settore funerario nel suo complesso: si è verificata una pressione nei momenti più critici, ma nel suo insieme la logistica ha tenuto.

Le trasformazioni. La cremazione, con o senza pandemia, è dunque una pratica in aumento. Come dice a Futura network Piero Chiappano, segretario nazionale di Federcofit, la Federazione del comparto funerario italiano, “le abitudini del dopo-morte si stanno modificando per vari motivi. Da una parte la cultura religiosa è meno forte, e di conseguenza le pratiche più tradizionali vengono sostituite da servizi che tengono in conto altri aspetti, come quello economico per esempio. Dall’altra è l’intero settore che si sta trasformando, e di conseguenza anche l’indotto che ne deriva si muove su direttrici nuove”. La cremazione sta prendendo quindi un posto sempre più rilevante anche perché è l’insieme del comparto economico a cambiare. “Sono soprattutto le persone che vivono nelle grandi città a preferire di essere cremate. In una metropoli come Milano, fino al 70% della popolazione vuole che i suoi resti siano bruciati”. La cremazione ha stimolato inoltre un nuovo tipo di impresa, ovvero il riciclo dei metalli residui. In una intervista a Stefano Lorenzetto del Corriere della Sera, Daniele Fogli, uno dei massimi esperti italiani nel settore funerario, ha spiegato che ogni corpo bruciato restituisce in media dai 300 ai 500 grammi di rifiuti metallici. “Smaltirli comporterebbe una spesa, mentre da costo possono diventare un ricavo”. Alcune aziende, come l’olandese Orthometals, attiva ormai da 25 anni, si sono perfezionate nel riuso degli scarti metallici provenienti da protesi, sostegni chirurgici e altre applicazioni esogene al nostro corpo.

Chiappano parla anche di altre abitudini che si stanno modificando: “Le persone si recano sempre meno al cimitero, particolarmente al Nord rispetto che al Sud. Questo comporta conseguenze nel settore della vendita di fiori. Ora i profitti maggiori provengono dalla vendita di prodotti richiesti per i grandi eventi come matrimoni, feste religiose ecc.”. È importante sottolineare che, sebbene sempre più persone in Italia scelgano la cremazione, esistono delle importanti disparità di accesso al servizio tra le diverse regioni. Funerali.org evidenzia che il nostro Paese vive una situazione quasi paradossale per quanto riguarda la distribuzione degli impianti crematori. In alcune zone del Nord vi è una sovrabbondanza di forni crematori, perché in passato sono state rilasciate più autorizzazioni rispetto alle necessità effettive dei territori. Allo stesso tempo, vi è una marcata diffusione di crematori nelle cinture urbane di varie aree metropolitane, come per esempio Milano e Torino. L’accesso al servizio di cremazione è dunque buono nel settentrione d’Italia, e in particolare in prossimità dei centri metropolitani. Al contrario, è più difficile al Sud (con l’eccezione di Napoli) e nelle zone meno densamente popolate. Casi particolarmente negativi sono quelli di Roma e soprattutto di Palermo. Il 12 gennaio, il Giornale di Sicilia ha documentato l’emergenza al cimitero di Santa Maria dei Rotoli, dove almeno 940 bare (un numero cresciuto nelle settimane successive) giacevano da mesi nei depositi temporanei. Secondo le informazioni in possesso del quotidiano, il forno del capoluogo siculo rimarrà spento almeno fino a giugno.

Pubblicità ingannevole. Un tema particolarmente interessante legato alle tendenze che attraversano il settore funerario in questo momento è l’aspetto pubblicitario. Sono sempre più frequenti nelle nostre città le pubblicità che offrono prezzi vantaggiosi per funerali “tutto-incluso”. “Su questo tema bisogna considerare due fenomeni: la concorrenza sleale e la pubblicità ingannevole”, osserva Chiappano. “Occorre fare un passo indietro parlando del cliente, che deve essere considerato per la sua fragilità emotiva, cioè per la forte tensione psicologica che può accompagnare la perdita di una persona cara. Noi professionisti parliamo di ‘dolente’ anziché di cliente. Se a una persona emotivamente provata viene fatta un’offerta vantaggiosa, è spesso possibile che non sia portata a verificare i termini e le condizioni del servizio. Il paragone con la vendita di una macchina è più illuminante: se mi viene offerta un’auto con un prezzo base di 10mila euro, posso comprarla senza gli optional. Sarà una macchina sprovvista di tante cose, ma sarà in ogni caso rispondente al prezzo pattuito. Un funerale non può essere “scompartimentato” nelle sue varie fasi. È una questione di deontologia professionale”. Chiappano infine spiega che sempre più aziende del settore si stanno rivolgendo al Garante della concorrenza per denunciare imprese che applicano condizioni poco trasparenti e operano con metodi sleali. “Per ora ci viene risposto che il fenomeno è ancora troppo marginale per destare preoccupazione”.

Una innovazione: il compostaggio. Anche in altre parti del mondo si fanno largo nuove pratiche che, provando a scavalcare la dicotomia tumulazione/cremazione, seguono un modello più naturale e attento all’ambiente. Katrina Spade, giovane architetta di Seattle, ha esposto in un Ted talk la sua particolare idea di compostaggio dei corpi a partire da una critica ecologista alla cremazione e alla tumulazione. “Immagino che le persone siano davvero convinte che la cremazione sia più ecologica della sepoltura tradizionale. Ma se vengono considerati il trasporto di materiale e la fabbricazione di bare e di tombe per confrontarli con la cremazione, che utilizza idrocarburi fossili per bruciare il corpo rilasciando sostanze inquinanti nell’atmosfera, si può vedere che l’impatto ambientale dei due metodi più o meno si equivale”. Spade ha provato a concepire una pratica funeraria innovativa e sostenibile utilizzando il compostaggio. “Credo che si possa davvero tornare alla Terra per poi dissiparsi. L'intero pianeta è sostenuto dal processo di decomposizione. È così che si crea il suolo e su cui si basa tutta la vita”, ha dichiarato. La sua azienda Recompose è specializzata nella decomposizione rapida ed ecologica dei corpi: dopo la morte, il cadavere viene inserito in una vasca di terra al cui interno vivono dei batteri. Questi, tramite la loro funzione metabolica, decompongono il corpo in un lasso di tempo assai breve. La materia che ne risulta diventa quindi riutilizzabile per per fertilizzare una singola pianta o essere riutilizzata più volte, in base ai voleri della famiglia.

In Italia, una pratica come quella ideata da Spade è illegale: la legislazione prevede che il corpo di una persona defunta (anche se cremato) non possa essere diviso. In caso di cremazione, le ceneri di un defunto devono essere sigillate nell’urna se la volontà è quella di conservarle, mentre il loro spargimento è regolamentato e necessita dell’approvazione dell’ufficiale di stato civile del comune nel quale è avvenuto il decesso. Una strada intermedia tra lo spargimento delle ceneri e la pratica dell’azienda statunitense sembra essere rappresentata dall’urna biodegradabile ideata dal progetto Capsula mundi. L’urna, a forma di uovo, viene interrata in un’area su cui può essere piantato un albero. A livello legale, questa procedura viene equiparata allo spargimento delle ceneri.

Capsula mundi offre anche un altro servizio nei Paesi dove il regolamento in materia lo permette, ovvero un’urna più grande dove può essere inserito un corpo intero. La procedura è molto simile a quella ideata da Spade ma la differenza sta nella relazione tra la memoria della persona scomparsa e l’albero come parte integrante della natura. In particolare nel mondo anglo-sassone ma non solo, sono sempre più comuni i cosiddetti “cimiteri verdi”, dove al posto delle lapidi svettano alberi di alto fusto. Ci si chiede quindi, se, e quando, i nostri campisanti diventeranno anche loro dei boschi della vita.

*Fonte dell'immagine copertina: ©Francesco D’Angelo, foto di una Capsula Mundi, ideata da Anna Citelli e Raoul Bretzel. 

giovedì 21 aprile 2022