È possibile immaginare un mondo di centenari attivi e in buona salute?
La vita media si allunga gradualmente, ma la longevità umana per ora incontra limiti insuperabili. Le aziende lavorano per fermare l’invecchiamento, ma restano preoccupazioni per le implicazioni sociali.
di Andrea De Tommasi
In epoca romana le persone potevano aspettarsi di vivere dai 30 ai 35 anni, e gli ultrassessantenni non raggiungevano il 6% della popolazione. L’invecchiamento, dunque, era una sorta di privilegio, vista l’elevata frequenza con cui si moriva precocemente. A partire dal diciannovesimo secolo le cose sono cambiate lentamente. L'aspettativa di vita è aumentata nei Paesi sviluppati da circa 47 anni nel 1900 a circa 80 oggi, in gran parte a causa dei progressi nella cura delle malattie infantili. Negli ultimi 35 anni, le persone hanno guadagnato un’aspettativa di vita di ben tre mesi l’anno. Uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences) ha fissato il concetto: “Se l’attuale ritmo di progresso continua, la maggior parte dei bambini nati in questo millennio festeggerà il suo centesimo compleanno”. Questo fa sorgere la domanda: quanto tempo potrà vivere un essere umano? Attualmente è Jeanne Calmet, morta nel 1997 in una casa di cura nel sud della Francia all’età di 122 anni, la persona più longeva del mondo, un record che non è stato ancora battuto. Alcuni scienziati sostengono che il limite della durata della vita umana sia stato già raggiunto o stia forse raggiungendo un plateau; tuttavia, altri non sono convinti, ritenendo che con il tempo si possa superare il record di longevità di Calmet.
Le previsioni. Ci sono tre punti di vista predominanti intorno a cui convergono i ricercatori che studiano l’aspettativa, o speranza, di vita, ossia l’indicatore della durata media della vita a partire da una data età:
- l’aspettativa di vita aumenterà, ma più lentamente che in passato a causa del raggiungimento del “limite”;
- l’aumento dell’aspettativa di vita di 2,5 anni per decennio continuerà come in passato;
- l’aspettativa di vita aumenterà a un ritmo molto più rapido grazie ai progressi biomedici, come già accaduto dagli anni ’50 del secolo scorso.
In questo terzo scenario, non si immagina solo un futuro in cui gli interventi potranno prevenire la nostra usura fisiologica, rendendoci più resistenti alle malattie legate all’età. Ma saranno anche gli sviluppi nella medicina di precisione, nelle nanotecnologie, nella rigenerazione dei tessuti e nella ricerca sulla biologia a portare a un rallentamento dei tassi di invecchiamento. Trattamenti di successo vengono già testati sugli animali e convergono su alcune aree chiave: restrizione calorica; riduzione dei livelli di fattore crescita insulino-simili (IGF-1), un ormone di natura proteica; prevenire il danno ossidativo ai tessuti del corpo. Tutti e tre gli aspetti potrebbero essere interconnessi, ma ciò non è stato confermato e non vi è nessun beneficio clinico dimostrato sull’essere umano.
Le tecnologie. Ciò non ha impedito agli scienziati, alcuni dei quali hanno fondato aziende, di cercare trattamenti per rallentare l’invecchiamento. Un numero crescente di imprenditori crede che rallentare il processo di invecchiamento non sia solo possibile ma inevitabile, e c’è stata un’esplosione di investimenti nel campo della longevità. Laboratori e aziende biotecnologiche cercano di comprendere i meccanismi alla base dell’invecchiamento a livello molecolare in modo da poterlo rallentare. Aubrey de Grey, famoso biogerontologo inglese, è forse il principale sostenitore della visione provocatoria secondo cui la tecnologia medica un giorno consentirà agli esseri umani di controllare il processo di invecchiamento e di vivere in salute. Egli paragona l'invecchiamento a un’auto che si consuma nel tempo: poiché il nostro corpo funziona normalmente, accumula danni che possono essere tollerati per un po’, ma alla fine mandano l’organismo in forte declino. Il modo più promettente per sfuggire a questa realtà biologica, dice, è riparare il danno secondo necessità con precisi strumenti scientifici.
Juvenescence, una società di scienze della vita, ha lanciato ad aprile il suo primo prodotto commerciale chiamato Metabolic Switch, una bevanda che innesca la chetosi e che, secondo i ricercatori, può fornire alcuni benefici di invecchiamento sano senza la necessità di seguire una dieta restrittiva.
Le blue zone. Le intuizioni possono provenire anche da studi genetici sui centenari, che potrebbero aver ereditato una lunga vita dai loro genitori. Uno degli esperimenti può interessanti per capire come si sviluppa la longevità è quello delle cosiddette zone blu (in inglese blue zone), ossia le aree del pianeta dove la speranza di vita è più alta rispetto alla media mondiale. La Sardegna è una delle terre con il più alto tasso di longevità al mondo, con ben tre blue zone (in Ogliastra, in Barbagia e nel Sud Sardegna). Le altre aree che posso vantare delle blue zone sono Okinawa (Giappone), Loma Linda (California), Penisola di Nicoya (Costa Rica) e Icaria (Grecia). Il benessere in queste aree, secondo gli studiosi, è dato da una serie di fattori, tra cui una regolare attività fisica degli abitanti, con spostamenti che avvengono principalmente a piedi, una dieta basata su legumi e verdure e una struttura sociale che favorisce rapporti umani intensi e mette al centro la famiglia.
Una domanda costante nel mondo dell'antiaging è quale dovrebbe essere l'obiettivo di tutto questo lavoro. Gli scienziati ovviamente dicono di preferire trattamenti che rallentino l’invecchiamento e prevengano le malattie legate all’età piuttosto che prolungare semplicemente la vita nella sua fase più declinante. La velocità del progresso dell’invecchiamento è la combinazione di tre elementi: la componente genetica, i fattori esterni (stile di vita, alimentazione, esercizio fisico, resistenza allo stress, clima), e i fattori psicologici. L’invecchiamento è caratterizzato dalla progressiva perdita di capacità funzionali e dalla presenza di più malattie (comorbilità), ua condizione sempre più frequente nell’epoca attuale. “Ci troviamo davanti a un malato completamente nuovo rispetto al passato, alla prese con un mucchio di farmaci e una serie di problemi”, come ha spiegato qui Roberto Bernabei, geriatra del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
Sani, oltre che anziani. Il problema è che, con il semplice aumento dell'aspettativa di vita, aumenta anche la morbilità. Più invecchiamo, più siamo a rischio di malattie non trasmissibili tra cui cancro, diabete, Alzheimer e malattie cardiovascolari, che sono tra le prime dieci cause di morte in tutto il mondo. Ciò non è solo destinato a esercitare una pressione crescente sull'economia e sui sistemi sociali nella maggior parte dei Paesi. Ma impone anche uno sforzo dei sistemi sanitari per mettere le persone in condizioni di sperimentare un invecchiamento in salute (in inglese “healty aging”), ossia soddisfare i loro bisogni primari, aiutarli a costruire relazioni sociali, consentire loro di vivere in ambienti sani.
La pandemia Potrebbero anche verificarsi eventi che invertono effettivamente i guadagni nell'aspettativa di vita, come è accaduto con il Covid-19 che ha reso ancora più vulnerabili gli anziani. Come ha spiegato l’Istat nel Rapporto sul benessere equo e sostenibile, in Italia per effetto della pandemia sono stati annullati i guadagni di vita maturati nell’ultimo decennio. Nel Nord la speranza di vita passa da 82,1 anni nel 2010 a 83,6 nel 2019, per scendere nuovamente a 82 anni nel 2020. Nel Centro passa da 81,9 nel 2010 a 83,1 anni nel 2020 e nel Mezzogiorno da 81,1 a 82,2 anni, con perdite meno consistenti nell'ultimo anno (rispettivamente -0,5 e -0,3 anni).
Con l’aumento della longevità, le conseguenze economiche, sociali, sanitarie, culturali e politiche saranno indiscutibili.
Le disuguaglianze. Un’altra questione rilevante è quella legata all’equità. Sappiamo bene che l’aspettativa di vita è già molto diversa in tutto il mondo ed è molto più alta nelle nazioni ricche che in quelle povere. Ma la disuguaglianza nell’aspettativa di vita esiste anche all’interno di una stessa società lungo le linee di genere, etnia e classe sociale. Proviamo a proiettarci in un futuro in cui esistano terapie per ritardare o addirittura invertire l’invecchiamento. Se le terapie diventassero disponibili, chi le riceverebbe? Quanto costerebbero? Queste potrebbe essere più difficile da ottenere per intere popolazioni, sebbene molti demografi credano che la durata media della vita continuerà a salire come è costantemente accaduto da decenni.
L’assistenza sanitaria. Inoltre, con un numero sempre maggiore di persone che si avvicinano all'età avanzata, i sistemi sanitari pubblici dovranno affrontare una sfida crescente nel gestire una quantità di pazienti con risorse economiche limitate. Alcuni Paesi hanno iniziato a considerare soluzioni ibride che combinano pensioni statali, regimi pensionistici privati, conti di risparmio e pensioni privati, nonché un'opzione per ridurre gli importi delle pensioni durante le fasi di contrazione dell’economia. Un esempio di questi schemi pensionistici ibridi è il Central provident fund (Cpf) di Singapore. Si basa su un investimento mensile da parte dei datori di lavoro e dei dipendenti, pari a circa il 20% dell'importo dello stipendio mensile del lavoratore. Questo investimento viene versato sul conto pensione dell'individuo. I fondi in questi conti vengono utilizzati per effettuare investimenti, principalmente nel mercato immobiliare di Singapore.
Cosa succederà dunque se e quando tutti saranno in salute e dotati di buona mobilità fino ai 90 anni? L'età pensionabile e i meccanismi di protezione sociale cambieranno? “Penso che sarà una lenta espansione del tipo di vita che già conosciamo", ha scritto John K. Davis, professore di filosofia alla California State University-Fullerton e autore di New Mathuselahs: The Ethics of Life Extension. “Ma ciò non significa che dovremmo rimandare i dibattiti importanti: ora è il momento di iniziare a parlare di come i governi possano pianificare un mondo in cui l’aumento della popolazione metterà a dura prova l'ambiente e i programmi sociali. E le città possono iniziare a pensare di riprogettare i loro quartieri e i trasporti per una popolazione che invecchia”.
di Andrea De Tommasi