Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Cancelliamo lo scenario intermedio: se il futuro non sarà sostenibile, sarà disastroso

Due anni fa, ChatGPT aveva previsto come più probabile un 2050 di lento degrado, risultato del“business as usual”. Ma ora anche l’intelligenza artificiale ha cambiato idea.

martedì 15 luglio 2025
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La citavo spesso, perché mi sembrava una previsione sgradevole, ma di grande buon senso: nel 2012 Jorgen Randers scrisse il volume "2052: scenari globali per i prossimi anni". L’economista norvegese nel 1972 aveva partecipato ai lavori del Mit di Boston che produssero gli scenari del volume del Club di Roma “The limits to growth”. Quarant’anni dopo, Randers aveva voluto verificarli spingendo lo sguardo avanti per altri quarant’anni. Prospettò diversi scenari, ma quello più significativo era una previsione di lento degrado: poteva anche non succedere nulla di drammatico, i governi e i Paesi sarebbero andati avanti con un criterio di “business as usual", per scivolare man mano verso un mondo più brutto ma non catastrofico. Da qui i suoi consigli certamente provocatori: andate a vivere lontano dal mare, e in un Paese capace di prendere decisioni rapide, abituate ai vostri figli ad amare i videogiochi piuttosto che la natura, che sarà sempre meno affascinante. E così via.

Nel gennaio del 2023, su FUTURAnetwork iniziammo la nostra serie di interviste a ChatGPT chiedendo all’intelligenza artificiale una previsione sul mondo del 2050. L’AI riconobbe che esisteva un’alternativa positiva, di sviluppo sostenibile, ma prospettò anche molti scenari distopici, “catastrofi a scelta”,  per usare l’espressione di Isaac Asimov. Alla fine indicò come scenario più probabile il lento declino, analogo all’indicazione di Randers.

Sulla base delle tendenze attuali e delle previsioni degli esperti, lo scenario più probabile per il futuro dell'umanità è un futuro di lento declino. Il cambiamento climatico, il degrado ambientale e l'esaurimento delle risorse sono sfide importanti che attualmente non sono affrontate in modo adeguato e potrebbero portare a un futuro segnato da stagnazione e declino. Inoltre, anche la disuguaglianza, l'instabilità politica e i disordini sociali contribuiscono a questo scenario.

La radicalizzazione degli scenari

Da quell’intervista sono passati poco più di due anni ma il quadro mondiale è profondamente cambiato. I sintomi di crisi che già si avvertivano allora (c’era già stata l’epidemia da Covid-19 e la Russia aveva già aggredito l’Ucraina) sono ulteriormente peggiorati per trasformarsi, con l’avvento di Donald Trump, in un totale rimescolamento delle nostre certezze. Il business as usual su cui si basava la previsione di uno scenario di degrado, brutto, ma tutto sommato migliore delle più catastrofiche distopie, non esiste più perché non c’è più la banalità dell’usual, i comportamenti insufficienti ma rassicuranti con i quali i governi addormentavano le opinioni pubbliche.

Anche ChatGPT, interrogato oggi, accantona lo scenario di degrado rispetto ad altre possibili previsioni.

Vedi sotto il dialogo con la AI

 La domanda di fondo

Siamo di fronte a una polarizzazione drammatica, che a mio avviso ha all’origine una diversa risposta alla domanda di fondo, quella sulla quale si fonda l’Agenda 2030 dell’Onu, con i suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile e la possibilità di rinnovare questo impegno multilaterale sulla base degli accordi raggiunti dalle nazioni nel Summit del futuro del settembre scorso. È una domanda che nessun politico ha il coraggio di farsi espressamente ma che divide chi guarda al futuro in due campi nettamente separati: “È davvero possibile garantire da qui al 2050 e oltre un futuro decente a un’umanità di nove o dieci miliardi di persone?".

Ricordiamo che “futuro decente” significa condizioni adeguate di benessere collettivo, istruzione, sanità, rispetto dei diritti, inversione di tendenza sulla crisi climatica, tutela della biodiversità, nell’ambito di un modello di sviluppo che salvaguardi le condizioni complessive del pianeta per le successive generazioni.

Una sfida molto difficile che buona parte dei leader politici mondiali, al di là del lip service alle proclamazioni dell’Onu, considera impossibile, puntando invece solo sul benessere della propria popolazione. È la logica del Maga, Make America Great Again, ma anche di tante altre visioni di governi e gruppi di potere, compreso il lungotermismo dei tecnocrati della Silicon Valley. L’idea di trasferire una élite dell’umanità su Marte per salvarla dalla distruzione della Terra è sicuramente cervellotica, ma il pensiero che c’è sotto è concretamente pessimista: le popolazioni del mondo sono incapaci di salvarsi e tenderanno a distruggere se stesse e il pianeta. Meglio quindi preoccuparsi del “lungo termine” tutelando le condizioni di una minoranza illuminata, e al diavolo gli altri.

 Se queste previsioni si realizzassero, potremmo avere davvero, catastrofi a scelta: guerra nucleari, epidemie derivanti dalla mancanza di cure, aumento delle temperature tale da rendere molte terre in inospitali, sommergere le coste e magari come già stava venendo, modificare le correnti oceaniche fino a trasformare l’Europa in un altro Labrador. E le crisi travolgerebbero anche i Paesi isolazionisti perché, come ha scritto il presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva sul Corriere della Sera del 10 luglio,

È impossibile de-globalizzare la nostra vita comune. Non esistono muri abbastanza alti per mantenere isole di pace e prosperità circondate da violenza e miseria.

Come reagire

C’è un’alternativa, uno scenario di “trasformazione radicale”, che anche ChatGPT riconosce, pur considerandola di high impact, ma di low probability:

Spinto da nuove generazioni, innovazioni di governance e rotture etiche, il mondo cambia rotta. Meno probabile nel breve, ma non impossibile.

È un’alternativa che si basa sul principio di Anna Karenina, cioè sulla frase iniziale del capolavoro di Tolstoj:

Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo.

In sostanza, a fronte di tanti futuri disastrosi, c’è un solo scenario di sviluppo sostenibile. E già ne conosciamo le linee guida: si basa sulla piena attuazione degli impegni sottoscritti in sede Onu, ma anche sulle raccomandazioni di leader illuminati come il nostro presidente Sergio Mattarella, papa Leone XIV, il Dalai Lama e non molti altri.

Quali possono essere i punti di forza per costruire questo scenario? Proviamo ad elencarne qualcuno. Il primo, come dice anche Chat GPT, riguarda il ruolo delle nuove generazioni, più sensibili ai temi della sostenibilità, più interconnesse grazie alle nuove tecnologie, che potrebbero assumere un peso politico crescente, distaccandosi dalle paure e dalle inerzie dei padri.

Un secondo punto riguarda proprio le nuove tecnologie che, se usate correttamente, potrebbero aiutare a individuare soluzioni per un futuro “decente” di tutta l’umanità e del Pianeta. Una nostra recente tavola rotonda fra intelligenze artificiali portava alla conclusione che è difficile garantire felicità a un’umanità di più di cinque miliardi di persone (quindi poco più di metà dell’attuale), ma questa situazione potrebbe cambiare se sapremo governare le immense possibilità offerte dalla rivoluzione tecnologica.

Anche la nuova geopolitica potrebbe alla fine avere un ruolo positivo: i Paesi del sud del mondo e anche i Paesi emergenti avvertono il rischio di essere più colpiti dai mutamenti in corso nel clima, ma anche nelle condizioni sociali, per esempio con il taglio degli aiuti allo sviluppo con drammatiche conseguenze per milioni di persone. Si formeranno nuove alleanze, la stessa Cina potrebbe avere un ruolo positivo, anche se sarebbe difficile attendersi da questi Paesi un progresso nel campo dei diritti civili vista la loro propensione a regimi autoritari. D’altra parte, come ho già sottolineato in un altro intervento, i grandi Paesi occidentali potrebbero svincolarsi dai ricatti di Trump e intensificare il loro impegno multilaterale per un equilibrio sostenibile a livello mondiale. Sarebbe coerente con i valori che professano.

Infine, non ci stanchiamo di sottolineare, la società civile, la mobilitazione di tutte le forze che già avvertono i rischi di futuri catastrofici. C’è molto da lavorare sull’opinione pubblica, non solo sui giovani ma anche sugli adulti, sempre più spaventati e sempre meno informati, per orientare verso scelte positive di sostenibilità. L’ASviS sta preparando i suoi piani strategici per i prossimi cinque anni. È già molto attiva in questo campo, ma c’è da augurarsi che sia possibile far nascere dieci, cento alleanze di questo tipo fra le istituzioni della società civile, anche negli altri Paesi per avere davvero un effetto globale. Qualunque sia il futuro, l’Italia ne è solo un “ di cui” condizionata dagli scenari globali. Certo, le prospettive sarebbero diverse se l’Europa fosse davvero un campione di sviluppo sostenibile, ma purtroppo in questo momento si sta muovendo in direzione esattamente opposta.

Conversazione con ChatGPT del 12 luglio 2024

DOMANDA: Su FUTURAnetwork abbiamo intervistato ChatGPT nel gennaio del 2023: “Come sarà il mondo nel 2050?” Quale scenario è più probabile?”. Hai risposto che lo scenario più probabile era un lento declino dell’umanità, una previsione di degrado basata sul concetto di “business as usual” per l’incapacità dell’umanità di affrontare le scelte necessarie per realizzare uno sviluppo sostenibile. A distanza di due anni la situazione mi sembra peggiorata con polarizzazioni che hanno distrutto il concetto di “business as usual”. Quindi il lento degrado mi sembra diventato meno probabile. Tu che cosa ne pensi?

CHAT GPT: Hai ragione a notare un cambiamento importante: se nel 2023 lo scenario prevalente poteva ancora sembrare quello del “business as usual” – un lento declino dovuto a inerzia, compromessi insufficienti e piccoli aggiustamenti – oggi, nel 2025, la situazione appare più instabile, più polarizzata e meno prevedibile, tanto da rendere quel “lento degrado” quasi un lusso perduto.

Lo scenario “business as usual”: un’illusione superata?

Il concetto di “business as usual” implica una certa continuità nelle istituzioni, nei modelli economici e nella cooperazione internazionale. Ma oggi assistiamo a:

  • Crisi geopolitiche crescenti (Ucraina, Medio Oriente, tensioni Cina-USA);
  • Declino del multilateralismo: ONU e WTO indeboliti, COP sempre più simboliche;
  • Polarizzazione interna nelle democrazie avanzate, tra nazionalismo reazionario e movimenti ecologisti radicali;
  • Accelerazione tecnologica che erode lavoro, privacy e coesione sociale;
  • Cambiamenti climatici non lineari: con eventi estremi sempre più frequenti che rompono la prevedibilità. 

Tutto ciò frammenta il mondo e distrugge la narrativa del “degrado lento”: oggi ci troviamo in un mondo turbolento, in cui l’instabilità sistemica sembra più probabile di una deriva graduale.

Quali scenari appaiono più probabili ora?

Alla luce di questo, nel 2025 potremmo aggiornare la visione così:

  1. Scenario di collasso intermittente

 Un’alternanza di crisi gravi (ambientali, finanziarie, politiche) con fasi di recupero parziale, senza mai una vera stabilizzazione. È lo scenario delle “policrisi ricorrenti”.

  1. Scenario di frammentazione adattiva

In assenza di governance globale, si affermano risposte locali o regionali, anche efficaci, ma scoordinate. È il mondo a “isole di resilienza”: alcune aree si adattano bene, altre crollano.

  1. Scenario autoritario-tecnocratico

In risposta al caos, alcuni Paesi (o blocchi) imboccano strade autoritarie per garantire stabilità climatica e sociale. Si sacrifica la libertà per la sopravvivenza.

  1. Scenario di trasformazione radicale (low probability, high impact)

Spinto da nuove generazioni, innovazioni di governance e rotture etiche, il mondo cambia rotta. Meno probabile nel breve, ma non impossibile.

Conclusione

Hai colto perfettamente il punto: il lento degrado non è più lo scenario centrale. Oggi siamo su una linea di frattura che può produrre salti di sistema, in peggio o, con minore probabilità, in meglio. La “normalità” è stata sospesa. In questo senso, il 2050 appare oggi più incerto ma anche più aperto, per quanto rischioso.