Draghi, Letta e Giovannini su competitività e investimenti sociali per il futuro dell’Europa
I materiali disponibili sulle relazioni dei tre italiani all’High level conference di La Hulpe. Con un’idea comune: l’Unione europea può sopravvivere nella competizione globale solo con una maggiore integrazione.
Tre rapporti di analisi e proposte sul rilancio dell’Unione europea. Sono quelli che le istituzioni Ue hanno commissionato a due ex premier italiani, Enrico Letta e Mario Draghi, e al due volte ministro Enrico Giovannini, attuale direttore scientifico dell’ASviS. Si tratta di prodotti diversi, ma molto coordinati, a quanto risulta dai testi e dalle dichiarazioni che gli autori hanno fatto nei giorni scorsi all’High level conference sui diritti sociali a La Hulpe, in Belgio. Vediamo i punti salienti.
Letta: integrazione su energia, Tlc, difesa e finanza
Il Rapporto di Letta sul mercato unico “Much more than a market”, del quale l’ex premier è stato incaricato dal Consiglio dell'Unione europea, è stato pubblicato nei giorni scorsi e conta 147 pagine. È un report di ampio respiro incentrato sull’idea che le tensioni geopolitiche e l’aumento del protezionismo minacciano la sicurezza economica dell’Europa. Esiste un consenso generale sul fatto che il mercato unico dell’Ue funziona bene per lo scambio di beni, ma meno bene per i beni immateriali. La relazione di Letta evidenzia la necessità di rimuovere le barriere nel campo dei servizi.
Il report si concentra fortemente sull’integrazione dei settori dell’energia, delle telecomunicazioni, della difesa e finanza con una tabella di marcia per realizzare progressi in ciascun settore entro il 2029. Il mercato e le infrastrutture energetiche dell’Europa rappresentano un punto focale, con Letta che dichiara che “il mercato unico dell’energia può benissimo essere la migliore risorsa dell’Europa per garantire il suo successo in un nuovo ordine globale”. Il Rapporto incoraggia “schemi di flessibilità transfrontalieri”, in cui i gestori della rete elettrica si rivolgono ai produttori dei Paesi vicini per chiedere aiuto quando la domanda locale di elettricità è elevata. Letta vuole un impulso al “Connecting Europe Facility” nel prossimo bilancio a lungo termine del blocco e prevede “obbligazioni verdi” per garantire il capitale necessario a lungo termine. Fa anche riferimento alla necessità di una nuova rete europea dell’idrogeno. Si afferma inoltre che le “strategie assertive” della Cina rischiano di minare i tentativi dell'Europa di diversificare la propria fornitura di materie prime critiche. Pertanto, l’Ue dovrebbe lavorare più a stretto contatto con “partner affidabili” come gli Stati Uniti. Il Rapporto propone inoltre azioni di appalti congiunti da parte dei governi dell’Ue per garantire la sicurezza delle materie prime essenziali.
Nel campo delle telecomunicazioni, il Rapporto osserva che la “frammentazione delle norme e delle industrie a livello nazionale” ostacola un “passo finale verso un mercato unico”. La portata della disparità con Washington e Pechino “è notevole: un operatore europeo medio serve solo 5 milioni di abbonati rispetto ai 107 milioni degli Stati Uniti e all’incredibile cifra di 467 milioni in Cina”. Nel documento vengono forniti diversi suggerimenti operativi e tecnici per integrare il mercato delle telecomunicazioni dell'Ue, tra cui l’introduzione di un organismo di regolamentazione a livello dell’Ue e unificare le politiche per l’assegnazione dello spettro radio (parte dello spettro elettromagnetico utilizzata per le comunicazioni wireless). L’unificazione del mercato delle telecomunicazioni incentiverebbe “gli investimenti necessari” per aggiornare le infrastrutture dell’Ue, afferma il Rapporto. La Commissione europea ha calcolato un gap di investimenti di 174 miliardi di euro per raggiungere i suoi obiettivi digitali per il 2030. Letta ha anche scritto che è necessario bilanciare il rapporto tra operatori di telecomunicazioni e big tech.
Il Rapporto esorta l'Ue a sviluppare un mercato comune per la sicurezza e la difesa. “La nostra capacità industriale nei settori della sicurezza e della difesa deve subire una trasformazione radicale per evitare di ripetere le dinamiche osservate nel periodo 2022-2024”, afferma Letta. Il riferimento è alla dipendenza dell’Ue dai Paesi terzi per armi e attrezzature, che secondo Letta è esacerbata da investimenti insufficienti e da una frammentazione della domanda in tutta Europa. Il Rapporto sottolinea inoltre la necessità di allineare gli sforzi di rafforzamento delle capacità dell’Ue e della Nato per evitare duplicazioni e armonizzare la pianificazione strategica.Richiede una maggiore cooperazione tra le aziende e incentivi per le aziende più grandi affinché “integrano e guidano” le start-up e le Pmi innovative, poiché queste ultime saranno cruciali per lo sviluppo delle tecnologie “a duplice uso”.
Letta sottolinea l’importanza del capitale privato come passo cruciale verso un quadro finanziario più inclusivo ed efficiente. L’impatto complessivo maggiore potrebbe derivare proprio dall’indirizzamento dei 33 mila miliardi di euro di risparmi privati verso l’economia reale. Ora circa un terzo è depositato su conti correnti. Per contribuire a finanziare tutti i suoi nuovi obiettivi, l’Ue ha bisogno di un mercato finanziario comune – una “Unione del risparmio e degli investimenti” –, che possa incanalare i risparmi dei cittadini europei a sostegno delle imprese. Infine, centrale nella visione di Letta è l'aggiunta di una “quinta libertà”, che comporta il potenziamento della ricerca, dell'innovazione e dell'istruzione.
Draghi: cambiamento radicale per competere con Cina e Usa
Mario Draghi sta lavorando da mesi, su incarico della Commissione europea, a un rapporto sulla competitività che sarà presentato a giugno. Nel suo intervento (qui il testo integrale) al vertice di La Hulpe, Draghi ha offerto alcune anticipazioni. A quanto risulta, il quadro tracciato dai due ex premier coincide in gran parte, così come alcune soluzioni. Draghi chiede un “cambiamento radicale” e una “trasformazione dell’intera economia europea”. Serve, insomma, una rifondazione “non meno ambiziosa di quella che fecero i Padri fondatori 70 anni fa con la creazione della Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio”. Ma bisogna procedere con rapidità, perché “non possiamo permetterci il lusso di ritardare la risposta” a queste domande, e se c’è chi resiste, “dovremmo essere pronti a considerare procedere con un sottoinsieme di Stati membri."
Draghi evidenzia il concetto che la crescita a lungo termine deriva dall’aumento della produttività, che va a vantaggio di tutti, piuttosto che dal tentativo di migliorare la propria posizione relativa rispetto agli altri e catturare la loro quota di crescita, citando e idee espresse dall’economista premio Nobel Paul Krugman nel 1994. Sul punto, Draghi non considera che la competitività sia un concetto sbagliato ma che l’Europa abbia assunto la visione sbagliata. Da qui la critica alle passate politiche europee: “Abbiamo perseguito una strategia deliberata per cercare di abbassare i costi salariali e, combinando ciò con una politica fiscale prociclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna e di minare il nostro modello sociale”.
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L’ex premier fa notare che la Cina mira a catturare e internalizzare tutte le parti della catena di approvvigionamento di tecnologie verdi, mentre gli Stati Uniti stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore, compresa quella delle aziende europee. E l’Europa? Per Draghi l’Ue “investe meno in tecnologie digitali e avanzate rispetto a Stati Uniti e Cina, anche per la difesa, e abbiamo solo quattro attori tecnologici europei globali tra i primi 50 a livello mondiale”.
Per Draghi un’Ue “adatta al mondo di oggi e di domani” è quella che punta su sistemi energetici decarbonizzati e indipendenti; un sistema di difesa integrato e adeguato basato sull’Ue; manifattura nazionale nei settori più innovativi e in rapida crescita; e una posizione di leadership nel deep-tech e nel digitale. Ogni settore richiede riforme e strumenti specifici, ma tre sono per Draghi i tre interventi politici urgenti e necessari: consentire la scalabilità in antitesi all’eccessiva frammentazione; implementare la fornitura di beni pubblici, settore in cui la mancanza di coordinamento fa sì che gli investimenti siano spesso inefficienti; garantire la fornitura di risorse e input essenziali, ad esempio creando una piattaforma europea dedicata ai minerali critici.
Giovannini: investimenti sociali e trasformazione
Sempre al vertice di La Hulpe, Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, ha presentato una relazione (vedi qui le slide) sulla necessità sistemica degli investimenti sociali, che contrastando le crescenti disuguaglianze, sono una leva di crescita e di sostegno di tali trasformazioni. Non solo durante le crisi, “per consentire una migliore e più rapida reazione del sistema socioeconomico”, ma anche per costruire una capacità di “resilienza trasformativa strutturale” del sistema.
Giovannini ha predisposto, su incarico della presidenza belga del Consiglio dell’Ue, un rapporto sulle nuove regole fiscali europee concordate dagli Stati membri a fine 2023. Come ha spiegato all’HuffPost, il Patto di stabilità e crescita (Psc) “insiste su riforme e investimenti per aumentare la resilienza del sistema socioeconomico alle future crisi: questa è la finalità, dunque si prevede tutta una serie di analisi che verificare come le riforme e gli investimenti sociali aumentino la resilienza”. Si tratta di un passo avanti significativo per l’Ue, in considerazione del fatto che i modelli attuali utilizzati dalla Commissione non sembrano in grado di valutarne l’impatto.
Per questi motivi nella sua relazione Giovannini ha invitato le istituzioni Ue a “compiere uno sforzo significativo per migliorare gli strumenti analitici e statistici per valutare l'impatto futuro delle riforme e degli investimenti, compresi quelli sociali, sulle economie e sulle società dell'Ue, in particolare sul Pil potenziale e sulla resilienza strutturale trasformativa”.