La pandemia renderà la democrazia ancora più fragile?
L’indice pubblicato dall'Economist intelligence unit descrive un quadro preoccupante: più della metà della popolazione mondiale vive sotto regimi autoritari. L’andamento cinese preoccupa particolarmente.
di Milos Skakal
“Nel 2021, il punteggio medio globale elaborato dal Democracy Index è sceso a 5,28 punti, rispetto ai 5,37 punti del 2020. Si tratta del peggior punteggio da quando l’indice è stato prodotto nel 2006”. Secondo il report stillato dall’Economist intelligence unit, anche lo scorso anno la democrazia è arretrata lasciando spazio a regimi autoritari. Il documento spiega che, per il secondo anno consecutivo, le restrizioni sanitarie legate al contenimento della pandemia sono state utilizzate per reprimere il dissenso o per limitare la partecipazione politica. Questo è avvenuto sia in Paesi dove il regime democratico sembra essere consolidato da tempo, determinando il loro declassamento nell’indice, sia in Paesi considerati non-democratici, il che ha comportato la loro permanenza nelle categorie di “regimi ibridi” o “regimi autoritari”. Nell’insieme, 6,4% della popolazione mondiale vive sotto regimi “completamente democratici”; il 39,3% in delle “democrazie imperfette”; il 17,2% in “regimi ibridi” e il 37,1% sotto “regimi autoritari”. In totale, il 54,3% degli abitanti del nostro Pianeta vive in forme di organizzazione politica non democratiche.
Secondo il Democracy index 2021, le misure di contenimento della pandemia come il distanziamento sociale, il coprifuoco, i divieti di spostamento, e l’introduzione di certificati di vaccinazione (il cosiddetto green pass) hanno portato a “una recessione delle libertà civiche e dei diritti di cittadinanza”. Ciò è dovuto non tanto alla loro applicazione nel contesto di crisi sanitaria, ma alla “normalizzazione dello stato di eccezione”, che è spesso diventato norma cogente negli ordinamenti giuridici, abituando la cittadinanza a una forte estensione e penetrazione dei poteri statali nella vita pubblica e privata.
Il documento si interroga su come risponderanno le popolazioni dei diversi Paesi del mondo alla perpetuazione delle misure di contenimento sanitario. Infatti, se nei primi due anni di pandemia la maggioranza era più che disponibile alla restrizione delle libertà individuali per il raggiungimento di un benessere collettivo, la vaccinazione massiva e la minore letalità della variante Omicron hanno fatto diminuire la percezione del pericolo. Per questo motivo il mantenimento di misure di limitazione della libertà è stato considerato sempre di più nell’ultimo anno come una ingiustizia e molte proteste ne sono scaturite. Viene infatti affermato che “nel 2022, l’imposizione di misure di contenimento, green pass, e obblighi vaccinali si scontreranno con nuove proteste”.
Il Report, inoltre, traccia un quadro dell’evoluzione della democrazia in Cina, che rimane a uno stadio basso. Infatti, il gigante asiatico occupa la posizione 148 su 167 nell’indice democratico, con un punteggio di 2,21 su 10. Ma la élite politica cinese si vanta di poter basare il proprio modello sociale su un sistema economico in forte crescita da ormai 30 anni. Infatti, i leader cinesi prendono la risposta alla pandemia come l’esempio di efficacia del loro sistema. Crescita economica e forte partecipazione statale possono essere degli elementi sufficienti per garantire la pace sociale nel prossimo futuro? Questa è la domanda che viene posta nel Report, sottolineando come sia poco chiaro se il sistema di governance cinese conferisce alla sua cittadinanza una posizione avvantaggiata rispetto alle società residenti in regimi democratico-liberali.
di Milos Skakal