Il controllo cinese sul cinema
L’esigua distribuzione del film “Coronation” del regista Ai Weiwei, cruda ricostruzione della pandemia a Wuhan, pone interrogativi sull’influenza cinese nel mondo. Le piattaforme hanno preferito evitare di inimicarsi il regime, per restare nei favori del mercato cinematografico più grande del pianeta. 18/03/21
di Luca De Biase
L’economia cinese cresce fortissimamente dopo l’anno della covid-19. Che comunque è passato con una crisi molto meno pronunciata che nei Paesi occidentali. E il mercato cinese diventa sempre più importante per tutti i settori produttivi di ogni parte del mondo. Questo produce un controllo cinese sugli altri Paesi che si fa notare in alcuni settori, mentre in altri settori resta meno discusso e noto. Nel caso del cinema, si osserva raramente quanto sia cresciuto il potere del mercato cinese.
Ma un fatto ha reso particolarmente evidente il fenomeno. Il film di Ai Weiwei, “Coronation” è in proiezione all’International Film Festival e Forum sui Diritti Umani a Ginevra. Il punto è che questa è la prima volta che viene mostrato in pubblico il documentario sui primi mesi della pandemia di Covid-19 nella città cinese di Wuhan. Il film è una cruda ricostruzione dei fatti. E il regista è una delle personalità più note e ascoltate della scena artistica cinese, sebbene viva ormai in esilio in Portogallo. Eppure, nessun altro festival, nessuna piattaforma di streaming, nessuna compagnia di distribuzione di cinema ha voluto il film di Ai Weiwei. E il motivo è semplice: nessuno se l’è sentita di fare arrabbiare il regime che controlla gli acquisti per il mercato cinematografico più grande del mondo. È un piccolo grande segnale di come stia crescendo l’influenza politica della Cina nel mondo.
di Luca De Biase, giornalista