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Dopo il boom dell’e-commerce il futuro dei negozi tradizionali sarà nel phygital

Dal lockdown è uscito un consumatore più digitale. Ma l’unica soluzione che può consentire ai negozi di restare competitivi è spostarsi rapidamente verso strategie di vendita che combinano l’online con la percezione fisica.  

di Andrea De Tommasi

“L’umanità vive rinchiusa in bunker sotterranei, decimata da un evento apocalittico. Uscire all’esterno è pericolosissimo, ma pochi, audaci individui si avventurano per un territorio ormai irriconoscibile. Sono semplici corrieri, dipendenti di un’azienda – che in tempi migliori avremmo chiamato un colosso multimiliardario – costretti a trasportare carichi da una città-bunker all’altra; senza il loro lavoro le città, divise e recluse, morirebbero”. Nella sua recensione al videogioco Death Stranding apparsa su L’Indiscreto, Andrea Cassini tratteggia una suggestiva analogia con la nostra società alle prese con la pandemia: mentre il Covid-19 interrompe le catene di approvvigionamento causando la chiusura di interi settori, milioni di individui “trincerati” in casa hanno bisogno di qualcuno che produca e trasporti beni per la loro sussistenza. Non a caso dallo scoppio della pandemia l’e-commerce ha registrato una accelerazione vertiginosa a livello globale. In Italia, il fenomeno è stato particolarmente significativo, superiore alla media dei Paesi Ue: si stima che nel nostro Paese due milioni di persone si siano avvicinate all’e-commerce nel 2020, portando il totale a 25 milioni.

 

Dati aggiornati sono stati diffusi pochi giorni fa da Politecnico di Milano e Netcomm nella nuova edizione dell’Osservatorio eCommerce B2C 2020. L’aspetto centrale è che l’impatto della pandemia ha causato dinamiche profondamente differenti sulle macrocategorie: sono cresciuti gli acquisti di prodotto (+31%), ma calati fortemente i servizi (-47%), a causa della crisi che ha colpito il turismo, i trasporti e il settore del ticketing (concerti, mostre, eventi). In valore assoluto, sono tre i comparti che contribuiscono maggiormente alla crescita: Food&Grocery (1,1 miliardi), Informatica ed elettronica di consumo (1 miliardo) e abbigliamento (700 milioni). Complessivamente, alla luce degli andamenti differenti dei vari comparti, l’Osservatorio prevede che nel 2020 il valore delle vendite online in Italia segnerà un meno 3% rispetto al 2019.

 

Negli anni precedenti alla pandemia, i Paesi sviluppati di solito hanno mostrato una percentuale maggiore di acquirenti online attivi, poiché l’accesso a Internet è disponibile su larga scala. Per la prima volta l’e-commerce è decollato anche nelle economie emergenti. La Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad) ha pubblicato a ottobre un’interessante ricerca, basandosi su un sondaggio in nove Paesi (Brasile, Cina, Germania, Italia, Repubblica di Corea, Federazione Russa, Sud Africa, Svizzera e Turchia).  È emerso che gli acquisti online sono aumentati da 6 a 10 punti percentuali nella maggior parte delle categorie di prodotti. L’incremento più forte è stato osservato in Cina e Turchia e il più debole in Svizzera e Germania, dove più persone erano già impegnate nel commercio elettronico. Il sondaggio ha rilevato che le donne e le persone con istruzione terziaria hanno aumentato i loro acquisti online più di altri. Le persone di età compresa tra 25 e 44 anni hanno riportato un aumento maggiore rispetto ai più giovani. A seguito della pandemia, più della metà degli intervistati ora fa acquisti online più frequentemente e si affida di più a Internet per notizie, informazioni relative alla salute e servizi di intrattenimento.

 

Tuttavia, a fronte di acquisti online in aumento, la spesa media mensile per acquirente è diminuita notevolmente. I consumatori, sia nelle economie emergenti che in quelle sviluppate, hanno rinviato spese più grandi, concentrandosi su prodotti meno costosi, mentre quelli delle economie emergenti si sono focalizzatsui prodotti essenziali. In termini di futuri canali di acquisto, i consumatori in Cina e Turchia esprimono una forte preferenza per l’acquisto online rispetto ai negozi fisici. Gli utenti italiani, tedeschi, svizzeri e russi indicano, invece, una preferenza per un approccio equilibrato tra vendita al dettaglio digitale e fisica. I risultati del sondaggio suggeriscono che è probabile che i cambiamenti nelle attività online vadano oltre il Covid-19. “La pandemia ha accelerato il passaggio a un mondo più digitale. I cambiamenti che apportiamo ora avranno effetti duraturi quando l’economia mondiale inizierà a riprendersi”, ha affermato il segretario generale dell’Unctad (la Conferenza permanente dell’Onu che si occupa di commercio e sviluppo) Mukhisa Kituyi. Ha sottolineato l’urgenza di garantire che tutti i Paesi possano cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione, mentre il mondo passa alla fase di ripresa dall’epidemia. Yomi Kastro, fondatore e Ceo di Inveon, ha detto che le aziende che mettono l’e-commerce al centro delle loro strategie di business sono quelle più preparate per l’era post-Covid. Carlo Terreni, presidente di NetComm suisse eCommerce association, ha previsto che la crescita senza precedenti dell’e-commerce interromperà le strutture di vendita al dettaglio nazionali e internazionali. I decisori politici, ha aggiunto, dovrebbero facilitare l’adozione dell’e-commerce tra le piccole e medie imprese, creare pool di talenti specializzati e attrarre investitori internazionali.

 

Altro aspetto significativo riguarda il divario di genere nell’accesso alle tecnologie digitali, che incide sulla possibilità delle donne di fare acquisti online. Nei Paesi a basso e medio reddito arriva al 20%. Sul sito della Banca mondiale è uscito il 20 ottobre un editoriale firmato da Mari Elka Pangestu, direttore generale della politica di sviluppo e dei partenariati della Banca mondiale, e Mats Granryd, direttore generale della Gsma, dal titolo “Pari accesso alle tecnologie digitali: una chiave per una ripresa resiliente”. Gli autori hanno rilevato che nelle aree povere e remote del mondo le donne hanno l’8% in meno di probabilità rispetto agli uomini di possedere un telefono cellulare e 300 milioni di donne in meno utilizzano Internet sul cellulare. I costi della connettività e dei dispositivi possono ridurre la capacità delle donne di beneficiare di servizi mobili, prodotti e contenuti informativi. Secondo gli autori, per ridurre il divario di genere serve un’azione coordinata in cinque punti: accesso, accessibilità economica, conoscenze e abilità, sicurezza e protezione, contenuti pertinenti e norme sociali.

 

Diversi fattori hanno alimentato l'espansione dell'e-commerce negli ultimi anni: una maggiore fiducia dei consumatori, la discesa in campo dei grandi player globali (Amazon e Alibaba su tutti), una maggiore velocità e costi di consegna inferiori. Ma cosa alimenterà la crescita del settore nei prossimi 30 anni? In un paper diffuso a febbraio 2020, WorldPay, colosso dei pagamenti del gruppo Fis, si pone proprio questa domanda. Alcune delle tecnologie e dell'infrastruttura dati, è la premessa del documento, sono ancora in evoluzione ma queste funzionalità potrebbero essere disponibili in commercio in tempi ragionevoli. L’indagine di WorldPay ha esaminato quattro tendenze che potrebbero svilupparsi entro il 2050, riassunte nei concetti di “più esperienziale, automatizzato, sicuro e globale”. In riferimento al primo punto, si immagina che “l'integrazione della tecnologia con l'esperienza fisica aggiungerà un'altra dimensione allo shopping, permettendoci potenzialmente di proiettare l'abito su un'immagine (2D o 3D) di noi stessi e vedere come appare, ruotando l'immagine ed esaminandola da tutte le angolazioni”. Sul secondo punto, WorldPay prospetta sistemi basati su un catalogo prodotti caricato e aggiornato automaticamente: potrà accadere che “il frigorifero rileverà quando alcuni alimenti di base stanno per esaurirsi e fare acquisti in base al prezzo”. In merito alla sicurezza, il documento ha rilevato che “l'attuale espansione di canali, dispositivi e posizioni per la memorizzazione di informazioni sensibili non è sostenibile dal punto di vista della sicurezza”. Secondo un sondaggio citato nel Rapporto, un utente medio ha 27 accessi diversi; altri studi hanno dimostrato che i dipendenti aziendali ne utilizzano quasi 200. “Di conseguenza, le persone comunemente riutilizzano le password, creando rischi per la sicurezza”, mentre sarà necessario in futuro “passare a un numero inferiore di supporti protetti per archiviare i dati”. Infine, la ricerca ritiene il mercato dell’e-commerce strutturato per un’espansione decisa a livello globale, con una forte penetrazione nei mercati emergenti: “In molti casi, l'espansione globale potrebbe richiedere alcuni negozi fisici, o almeno magazzini. Tuttavia, è più probabile che emerga un'infrastruttura ibrida, sfruttando sia quella fisica che i progressi nella tecnologia esperienziale e di automazione”.

 

Numerosi report hanno evidenziato che l’unica soluzione per i negozi fisici per restare competitivi è spostarsi rapidamente verso strategie di vendita omni-canale. La dimensione fisica, affiancata da quella digitale, per poter continuare a esistere deve diventare “un posto dove vale la pena andare”. Dati interessanti arrivano dal Retail report 2020 pubblicato il 22 ottobre da Adyen, la piattaforma che gestisce i pagamenti di brand globali come Spotify, eBay e Eataly. La ricerca ha evidenziato che un italiano su due promette maggiore fedeltà ai retailer che offrano soluzioni di acquisto fluide tra online e in store - il cosiddetto phygital - come il click and collect, lo scaffale virtuale o i chioschi self-service. Secondo i dati di Ayden, infatti, ben il 50% dei venditori che ha adottato un approccio multicanale ha rilevato transazioni costanti anche dopo lo scoppio della crisi sanitaria. Philippe de Passorio, Country manager di Adyen in Italia, commentando i dati ha dichiarato: “Si tratta di un nuovo paradigma all’insegna dell’ibridazione fra i canali di vendita (compro in negozio dopo aver ottenuto informazioni online e viceversa), che a ben vedere si adatta molto bene alla situazione fluida di chiusure e riaperture che sta caratterizzando la curva della pandemia”. de Passorio ha parlato di “concetto unificato” come fattore chiave per adattarsi meglio alla situazione pandemica e guardare oltre: “In questi mesi le aziende che hanno registrato performance migliori sono state quelle capaci di unire l'universo fisico e quello digitale per creare un'esperienza senza soluzione di continuità, coerente a prescindere dal canale di vendita, e in cui si dà priorità al cliente”. Tendenze che nei decenni a venire si dovranno necessariamente affiancare a politiche di riduzione dell’impatto ambientale. Nel campo dei trasporti, catene di approvvigionamento più brevi e tecnologie come i veicoli autonomi renderanno la consegna dei prodotti più sostenibile.

 

di Andrea De Tommasi

lunedì 2 novembre 2020