Reporting Esg, la comunicazione come moltiplicatore di valore
È necessario andare oltre al recinto chiuso degli addetti ai lavori e favorire una diffusione ampia, orizzontale, estesa dei temi di sostenibilità. Via libera alla soluzioni comunicative per rendere i report fruibili a ogni persona.
di Sergio Vazzoler
Strumento di trasparenza, di relazione, di confronto e condivisione ma anche di organizzazione e strategia interna. Il report di sostenibilità è ben più che la semplice fotografia di un determinato periodo di tempo. È vero, certo, essendo un documento di rendicontazione testimonia, certifica, misura progetti, attività, obiettivi e risultati di sostenibilità portati avanti da un’organizzazione in una specifica finestra temporale. Ma sarebbe un errore considerare il report di sostenibilità uno strumento statico, un punto di arrivo fisso e immutabile. Il report di sostenibilità va inteso, al contrario, come una tappa di un percorso in divenire, un libro aperto che è snodo di raccordo tra ciò è stato e ciò che potrà essere. È così che questo strumento può diventare un fil rouge che delinea il percorso e la strategia di un’organizzazione, un canale di dialogo che rafforza e consolida le relazioni con gli stakeholder, un training per imparare a immaginare e anticipare trend e scenari futuri.
Cosa significa tutto questo? Che il report può diventare uno strumento per far vivere e raccontare la sostenibilità “mentre accade”. E questo è un punto cruciale: la sostenibilità non può essere solo fatta (anche se ovviamente va fatta) ma deve essere anche raccontata, nutrita, condivisa, fatta vivere con costanza, passione e intensità perché possa incidere in maniera davvero significativa fuori e dentro un’organizzazione. Detto brutalmente, se nessuno legge un report di sostenibilità, se non chi lo ha redatto e chi è un esperto della materia, che impatto potrà mai generare questo documento? È necessario andare oltre al recinto chiuso degli addetti ai lavori e favorire una diffusione ampia, orizzontale, estesa dei temi di sostenibilità.
Via libera, quindi, a tutte le soluzioni comunicative e gli strumenti necessari per rendere il report fruibile da ogni persona e inclusivo rispetto a tutti gli stakeholder. Le strade sono tante: versioni di sintesi per rendere più accessibili e immediati i contenuti, infografiche e data vizualization per far “digerire” meglio le informazioni, interviste per accorciare le distanze attraverso le voci e i volti dei protagonisti, podcast, video sottotitolati, traduzioni per raggiungere una platea ancora più ampia. Senza dimenticare eventi e presentazioni che sono un fondamentale momento di condivisione e confronto con i nostri interlocutori strategici.
Una raccomandazione finale. Mercati, consumatori, normative richiedono impegni concreti sul fronte della sostenibilità. Queste aspettative potrebbero spingere qualche organizzazione a usare in maniera tattica il report, e la sua comunicazione, dichiarando quello che non è, esagerando quello che è, giocando sul filo dell’ambiguità.
Questa tentazione, che non sempre è pura volontà di ingannare ma a volte è sintomo di immaturità e mancanza di consapevolezza, va combattuta. I rischi reputazionali – e non solo, in alcuni casi anche legali – sono altissimi e benché la scorciatoia possa ripagare nel breve periodo, nel lungo termine si dimostrerà una scelta miope e poca avveduta. La partita va giocata sul lungo termine. Allora come dovrebbe comportarsi un'impresa che intende approcciarsi per la prima volta al report di sostenibilità? Intanto, al bando l’ansia da prestazione: un percorso di reporting davvero efficace, coerente e attendibile non può che essere progressivo e graduale. Il primo report deve essere una partita di allenamento utile per iniziare a prendere le misure, capire come funziona il processo di reportistica, formare le persone, oliare i meccanismi. Accompagnare in questo percorso di scoperta le imprese è fondamentale, diffondendo le competenze, spiegando i processi, alimentando la cultura della sostenibilità. Solo così sarà possibile instradare il report sui giusti binari.
di Sergio Vazzoler, consigliere Ferpi