Transizione ecologica, l’X factor è la comunicazione
Per scuotere le abitudini di cittadini e consumatori trasparenza e ingaggio saranno strade da battere con più convinzione.
di Sergio Vazzoler
Nonostante la narrazione del cambiamento climatico abbia fatto breccia nell’immaginario degli italiani – seppur in maniera confusa e spaesata – esiste ancora un profondo divario tra intenzione e azione. Lo conferma l’ultimo rapporto Censis-Assogestioni: le persone si dichiarano disponibili a fare la propria parte ma mettono anche bene in chiaro fino a che punto sono disposte a spingersi. Ed è proprio qui il bello della sfida per chi si occupa di sostenibilità, nell’agire e nel comunicare.
Così, per più del 70% degli italiani, se per contrastare la crisi climatica sarà necessario rivolgersi a soluzioni che determineranno un aumento dei prezzi di energia, prodotti e servizi, allora occorrerà cercare altre strade. E dati simili emergono dal rapporto Coop 2021 sull’economia, i consumi e gli stili di vita degli italiani che si affacciano sul 2022. Il 97% degli intervistati si dichiara disposto a cambiare alcune delle proprie abitudini per contrastare il cambiamento climatico: tutto fila liscio, tra acquisti responsabili e riduzione dello spreco alimentare, finché non si tratta di rinunciare a lavatrice e lavastoviglie.
Come a dire, lavami ma senza bagnarmi (da qui il titolo di uno dei dieci punti del decalogo della comunicazione ambientale, che potete leggere integralmente qui). Voglio il cambiamento ma non sono disposto ad accettare le conseguenze che potrebbe avere sulla mia vita. Nel momento in cui la transizione verso modelli più sostenibili passa dalla fase concettuale a quella operativa, sciogliere questo nodo diventa centrale.
Siamo tutti bambini che puntano i piedi di fronte alle sfide della transizione ecologica? Ovviamente no. Tra conseguenze della coda lunga della pandemia, complicatissimi equilibri casa-lavoro, aumenti dei prezzi dovuti a scenari internazionali e macroeconomici, alcune soluzioni sostenibili dal punto di vista ambientale diventano insostenibili sul piano personale. Le vite di tutti sono fatte anche di tentativi imperfetti, incoerenze, contraddizioni. Dobbiamo accettarlo, se vogliamo davvero coinvolgere i pubblici nella trasformazione verso un modello economico e sociale più sostenibile.
Che fare? Gli aspetti su cui possiamo agire sono due. Il primo è la ricerca tecnologica. Certe sfide si possono affrontare soltanto mettendo in campo soluzioni che superino alla radice il problema e siano percepite dal pubblico come una reale alternativa sostenibile. Oltre a questo, occorre agire anche sulla sfera comportamentale degli individui, favorendo l’adozione di abitudini più sostenibili, anche se faticose e impattanti.
Proprio qui entra in gioco la comunicazione: “Solo a persone coinvolte attivamente e prese sul serio è possibile chiedere aiuto, condivisione di obiettivi e cambiamenti di comportamento, abitudini, prospettive”[1]. La comunicazione, intesa nel suo significato originale di messa in comune, può davvero diventare l’X factor, il valore che moltiplicato determina la forza del gruppo: non serve a nulla, per fare solo un esempio, regalare ai propri dipendenti una borraccia se poi non li si coinvolge attivamente nel ripensamento in chiave sostenibile di tutte le matrici ambientali e sociali dell’impresa. Insomma, lavarsi insieme renderà meno problematico il bagnarsi, fino a farlo diventare prima o poi prassi comune.
di Sergio Vazzoler, Consigliere Nazionale Ferpi
[1] Decalogo della comunicazione ambientale, Lavami ma senza bagnarmi