Sostenibilità: più equilibrio e uguaglianza tra economia e società
Dentro una società che muta in continuazione, è fondamentale possedere una visione del mondo inclusiva, dove la diversità sia un tratto distintivo e non un freno. Tra le priorità da affrontare c'è la parità di genere.
di Daniele Salvaggio
Le parole sono importanti, contano e portano: è in gran voga, per fare un esempio piuttosto attuale, la parola transizione, che etimologicamente identifica il passaggio da un modo di essere o di vita a un altro, da una condizione o situazione a una nuova e diversa. Se parliamo quindi di transizione ecologica stiamo comunicando un passaggio da un comportamento più o meno green ad un altro, oppure da una implementazione di politiche e azioni dal carattere sostenibile finalizzate a migliorare l’ecosistema del pianeta, il che poi equivale a dire la vita di ciascun individuo, compresa la nostra.
Ripulendo quindi le parole transizione ecologica da una metrica strumentale e populista, ciò che rimane si potrebbe configurare metaforicamente come un aquilone che sta provando a trovare il proprio spazio nel cielo, insidiato da mille correnti. Perché è ormai un dato acclarato che la sostenibilità e soprattutto il comportamento sostenibile, siano fattori imprescindibili per lo sviluppo sociale ed economico del nostro pianeta, nel presente e nel futuro.
Come a dire indietro non si torna, ma per guardare avanti non è più sufficiente lavorare sulla consapevolezza, occorre concentrarsi su politiche attive di sviluppo globali che puntino al miglior equilibrio possibile tra sostenibilità economica e sostenibilità sociale.
L’Agenda 2030 delle Nazioni unite con i suoi 17 Goal rappresenta una testimonianza concreta e non empirica di un cambiamento non solo auspicato ma necessario per riequilibrare il ciclo di vita pensando non solo a stessi ma alla collettività globale.
«Povero non è chi possiede poco ma chi necessita infinitamente tanto, è la vita...perché non veniamo sul pianeta per svilupparci in termini generali, veniamo alla vita cercando di essere felici.» Sono parole di Pepe Mujica, al secolo José Alberto Mujica Cordano, presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, pronunciate in occasione del G20 in Brasile nel 2012. Al centro dell’evoluzione della società, di una ripartenza dopo un trauma come quello causato dal Coronavirus, c’è sempre e soltanto l’essere umano, con la sua capacità di reazione, con il suo sapere, con l’esperienza e la consapevolezza di essere parte attiva del cambiamento. Per questo non bisogna pensare alla sostenibilità come una virtù di pochi, come un interruttore che si spegne e si accende al bisogno o peggio ancora per convenienza, è fondamentale agire consci di essere dentro una società che muta in continuazione anche grazie o a causa delle azioni degli individui.
Essere sostenibili vuol dire quindi possedere una visione del mondo inclusiva, dove la diversità è un tratto distintivo non un freno; dove l’economia circolare rappresenta un “business-goal” non una strategia di posizionamento o di consenso; dove non si dovrebbe neanche affrontare il tema della parità di genere, perché non dovrebbero esistere barriere tra uomo e donna. Invece tra le priorità messe in evidenza dell’Onu c’è proprio la parità di genere: questo dimostra che per quanto riteniamo la nostra società evoluta, non abbiamo ancora raggiunto un livello realmente accettabile. Anche in questo caso non possiamo pensare che le differenze tra uomo e donna, per esempio nella sfera professionale, si possano risolvere soltanto con un maggior equilibrio nell’ambito della gestione del potere o nella responsabilità decisionale.
Secondo dati Consob dal 2010 al 2017 la presenza di donne nei Consigli di amministrazione di società quotate è passata dal 6,8% al 33,60%. Dati che vanno certamente letti in modo positivo, in linea con la parola transizione, ma non possono accontentare nessuno. Esistono barriere anche culturali che vanno abbattute. La percentuale di studentesse ad esempio che scelgono una carriera votata alle discipline Stem è ancora molto bassa: i genitori e gli insegnanti dovrebbero iniziare a trasmettere ai giovani, ragazzi e soprattutto ragazze, che una strada ugualmente praticabile per la loro crescita professionale e il raggiungimento di un’ambizione di carriera, troverebbero anche lavorando all’interno di un contesto industriale specializzato in meccanica, meccatronica o elettronica.
La questione della parità di genere è anche uno dei pilastri del Next Generation Eu e anche del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano per il rilancio dell’economia nazionale tramite investimenti e riforme. Ma perché tutto questo possa generare effetti benefici nel presente ma soprattutto nel futuro, occorre che la Gender equality oltre ad essere uno dei Goal scritti nell’Agenda 2030 sia un modello di riferimento per tutte le civiltà mondiali. Altrimenti opereremo sempre in un ecosistema sostenibile parziale, dove il mecenatismo prevarrà sull’investimento consapevole.
di Daniele Salvaggio, presidente Commissione Aggiornamento e Specializzazione Professionale Ferpi