Transizione ecologica: quanto conta la comunicazione?
Per assicurare un cambiamento duraturo, sarà essenziale dare vita a task force dedite a comunicare le opportunità dello sviluppo sostenibile. Ma bisognerà anche spiegare il costo di queste opere.
di Sergio Vazzoler
Pronti, partenza, via: partono gli investimenti del Pnrr e spingono moltissimo sulle energie rinnovabili. Il ministro della Transizione ecologica Cingolani ha spiegato che nei prossimi anni in Italia si installeranno circa 70 Gigawatt di potenza essenzialmente da solare ed eolico. Ma cosa significano questi numeri, che disancorati dalla realtà ci dicono poco o nulla? Questo tipo di investimento nelle fonti rinnovabili porterà alla copertura con pannelli fotovoltaici di 200mila ettari di terre, cioè il 2% della superficie coltivata in Italia. Contemporaneamente, i nostri panorami si riempiranno di pale eoliche, con significativi impatti paesaggistici che toccheranno anche il settore turistico.
E già nasce un primo problema: se le maglie delle soprintendenze non si allargheranno, ogni tipo di intervento di questo tipo verrà bloccato sicuramente per impatti paesaggistici. La transizione ecologica potrebbe rischiare di arenarsi sugli scogli della burocrazia. Per scongiurare questo scenario, alla richiesta del ministero della Transizione ecologica di normative meno stringenti si aggiungono anche le voci delle principali associazioni ambientaliste italiane, Wwf, Green Peace, Legambiente. Molto probabilmente, viste le pressioni, questo tipo di ostacolo cadrà. Ma per la transizione ecologica si delineano altre sfide all’orizzonte.
Accanto alla partita degli equilibri burocratici e organizzativi, c’è n’è un’altra che riguarda tanto le imprese quanto le istituzioni, legata all’accettazione di queste opere e all’allenamento al dibattito pubblico. La storia recente è chiara: in passato si sono bloccati non solo termovalorizzatori, discariche o centrali termoelettriche ma anche moltissimi impianti da energia rinnovabili. E questo è successo perché non si è investito a sufficienza nella comunicazione e nelle forme di facilitazione, ascolto e dialogo sul territorio.
Quindi va bene chiedere “maglie larghe” ai beni culturali ma chi ha proposto dei progetti per il Pnrr, delle opere, ha pensato a come prepararsi per l’accettabilità di questi interventi? Sarà essenziale dare vita a delle task force dedicate alla comunicazione delle opportunità, della sicurezza e dei vantaggi della transizione ecologica, e rivolgendosi di più (molto di più!), alle nuove generazioni. Ma anche in grado di spiegare e motivare il costo che queste opere richiederanno, come quello paesaggistico.
E anche le imprese dovranno investire nella comunicazione. Le istituzioni ovviamente dovranno fare la loro parte ma il mondo dell’imprenditoria non può pensare che l’impegno di questo tipo di comunicazione possa essere assunto solo dal decisore politico, le cui dinamiche sappiamo essere condizionate da troppi fattori mutevoli, a partire da quello elettorale e della permanent campaign.
di Sergio Vazzoler, consigliere nazionale Ferpi