L’energia dei cittadini e le promesse costituzionali tradite
Dalla Costituzione italiana all’Agenda 2030, attraverso la piena attuazione della Direttiva Ue sulle energie rinnovabili: connettere i punti per un grande Green Deal nazionale, a partire dalle specificità locali.
di Daniela Patrucco
Secondo il giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese, la lentissima e incompleta attuazione della Costituzione "ha rappresentato uno sbilanciamento dell’ordinamento a favore dello Stato con contemporanea perdita di peso della società, a favore dei vertici politico-sindacali e a sfavore delle comunità".[1]
Il professor Cassese si chiede come avrebbe potuto essere l’Italia oggi se, a partire dal 1948, fossero state attuate parte delle disposizioni più "visionarie" della Costituzione, "norme che miravano a ridisegnare i rapporti tra Stato e cittadino, riducendo il divario società civile-poteri pubblici".
Tra quelle che Cassese chiama le promesse costituzionali mancate o tradite ci sono "la collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende" e l’affidamento "a comunità di lavoratori e di utenti la gestione di imprese e categorie di imprese di servizio pubblico e relative a fonti di energia o in situazione di monopolio".
Queste e le altre "promesse" costituzionali citate da Sabino Cassese rimandano agli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
La lotta alla crisi climatica, l’unico dei 17 Goal non direttamente correlabile alla Costituzione, è tuttavia proprio l’esito del mancato mantenimento delle "promesse costituzionali" e della dissennata agenda di politica economica, industriale e sociale con cui la civiltà occidentale governa e ha governato l’intero pianeta.
La Direttiva Ue 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, che dovrà essere recepita in via definitiva entro giugno 2021, si colloca temporalmente tra gli errori e le mancate promesse del passato e gli obiettivi futuri di sviluppo sostenibile e rappresenta un’occasione per tutti i cittadini per "adempiere al dovere di concorrere al progresso della società" previsto dalla Costituzione.
La Direttiva prevede (art. 22) che gli Stati membri agevolino la costituzione di Comunità di energia rinnovabile e l’art. 42 bis del Decreto Milleproroghe, con cui è stata recepita, specifica che "l'obiettivo principale dell'associazione è fornire benefìci ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera la comunità, piuttosto che profitti finanziari". Infine, i suoi "azionisti o membri sono persone fisiche, piccole e medie imprese, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali".
What if…attraverso le Comunità di energia rinnovabile, riportassimo la gestione dei servizi energetici pubblici nelle disponibilità delle comunità?
Il ministero per la Transizione ecologica ha chiesto a Enel di valutare alternative al progetto di sostituzione del carbone con il gas nella centrale della Spezia. La nuova centrale a gas, (insieme ad altre 3 in fase di autorizzazione per la sola Enel) avrebbe la funzione di stabilizzare la rete di distribuzione nazionale compensando la non programmabilità delle fonti rinnovabili. Per parte sua Enel ha da tempo annunciato l’intenzione di entrare nella logistica portuale, destinando allo scopo parte delle aree che saranno liberate con la riconversione a gas nei principali porti italiani (La Spezia, Brindisi, Civitavecchia).
What if…usassimo le aree portuali e quelle demaniali marittime destinate ad uso industriale per produrre energia da fonte rinnovabile, distribuita, producendo benefici socio-ambientali ed economici diffusi, contribuendo proprio con queste stesse Comunità a stabilizzare la rete di distribuzione, come dimostrano progetti italiani di ricerca applicata?
Comunità energetiche il più possibile energeticamente autosufficienti, partecipate dalle Autorità Portuali, dalle imprese, da Enel, proprio dove maggiore è il fabbisogno energetico e maggiori sono stati gli impatti socio-ambientali e sanitari subiti negli ultimi sessant’anni a causa delle centrali e dei porti.
What if…questo Green Deal italiano partisse dai porti della Liguria - La Spezia, Genova, Vado Ligure - che hanno ospitato altrettante centrali elettriche dagli anni ’50 e ’60 e che stanno ancora pagando le conseguenze ambientali e sanitarie della politica industriale, economica, ambientale e sociale figlia delle mancate promesse costituzionali?
Stato, Regione Liguria, Autorità Portuali, Confindustria e le altre associazioni di categoria, Imprese, Università, Centri di ricerca (l’IIT da cui proviene il ministro Cingolani) e i Comuni liguri hanno una grande occasione di riscatto e rilancio delle aree demaniali marittime industriali e riduzione della pressione ambientale e sanitaria esercitata sulle comunità locali.
Insieme agli enti locali, i cittadini, le cooperative, le imprese (anche quelle sociali), hanno la possibilità di produrre e condividere la propria energia, rinnovabile, rivitalizzando l’economia dei centri urbani e delle aree interne a rischio spopolamento, contribuendo così all’"adempimento del dovere di concorrere al progresso della società", come da Costituzione.
di Daniela Patrucco, socia Ferpi Liguria
[1]Sabino Cassese, La costituzione «dimenticata», Introduzione, in Rivista trimestrale di Diritto Pubblico, ed. Giuffrè Francis Lefebvre, 1/2021. Parte iniziale pubblicata in occasione dei 70 anni dalla fondazione della Rivista in «La Costituzione promessa…», Sabino Cassese, Corriere della Sera, 11 aprile 2021.