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Filosofie del futuro

Relazioni tra umani e non umani, innovazione digitale, ecologia e implicazioni etiche. Il nuovo numero della rivista Futuri traccia le potenziali traiettorie, gli scenari e le sfide nell'ambito di un'indagine rigorosa sulle prospettive della società.

di Roberto Paura

 

Anche se non si direbbe, la filosofia è un modo di pensare al futuro: forse è anzi “il” modo migliore che abbiamo per pensare al futuro, perché ha la straordinaria capacità di mettere in questione gli assunti del presente e presentarcene le “antinomie”, ossia le contraddizioni intrinseche. Nella Critica alla ragion pura, Immanuel Kant elencò quattro grandi antinomie della ragione, valide ancora oggi: la contraddizione tra finito e infinito, tra divisibilità e indivisibilità, tra libertà e causalità, tra Dio e la natura.

 

Quali sono le antinomie del futuro? È da questa domanda che siamo partiti quando, con due giovani filosofi, Alessandro Mazzi e Luigi Somma, abbiamo iniziato a ragionare su un numero della rivista Futuri dedicato appunto alle Filosofie del futuro. Ne abbiamo individuate alcune che sono poi quelle intorno a cui si strutturano gli oltre venti articoli di questo numero, a cui hanno partecipato tanto docenti universitari quanto giovani pensatori e pensatrici al di fuori del mondo accademico.

 

La prima è la contrapposizione tra umano e postumano: è innegabile che lo sviluppo tecnologico stia cambiando radicalmente la nostra stessa identità corporea, ma dove ci conduca questa trasformazione è e dev’essere oggetto di dibattito. Perché può essere tanto una postumanità ineguale, dove una ristretta élite si arroga il diritto di modificare la propria identità per estendere la propria durata di vita e potenziarsi fisicamente e intellettualmente al fine di dominare gli altri; quanto una postumanità egalitaria dove la messa in discussione dell’identità binaria di genere può comportare una liberazione dalla “gabbia” del sé sessuato e aprire il futuro a modi nuovi di immaginare le relazioni umane. Se dunque la trasformazione dell’essere umano è uno scenario quasi inevitabile dell’evoluzione accelerata dai cambiamenti scientifici e tecnologici, tocca a noi decidere quale direzione dare a questo processo e se farne uno strumento di oppressione o di liberazione.

 

La seconda è la contrapposizione è tra l’essere umano e gli altri animali non-umani. Questa antinomia è oggi alla base della sesta estinzione di massa, la componente forse meno visibile ma più devastante sul lungo termine dell’Antropocene: riconoscendo all’essere umano un primato sul mondo animale, ci siamo arrogati il diritto di trasformare la Terra a nostra immagine e somiglianza anche se ciò significa portare all’estinzione un numero incalcolabile di specie viventi. Diverse sono le soluzioni immaginate oggi per risolvere questa antinomia: dal prospettivismo cosmologico, che attribuisce agli animali non-umani un’intelligenza di tipo diverso da quella umana ma comunque assimilabile alla nostra, all’inforestamento – la “pratica” di immergerci nuovamente nell’ecosistema naturale dove l’essere umano non entra – fino al teriantropismo, l’idea di una sorta di metamorfosi in cui l’Uomo torna a riconoscere la sua natura animale.

 

La terza è la contrapposizione tra utopia e distopia, che in questo numero di Futuri abbiamo analizzato in particolare dal punto di vista del digitale. È innegabile che la rivoluzione digitale, “cifra” della postmodernità e chiave del futuro, ci abbia aperto orizzonti impensabili, mettendoci concretamente nella condizione di poter realizzare qualsiasi nostro progetto, bypassando i vincoli dell’intermediazione e riducendo le distanze del mondo. D’altro canto, siamo ormai consapevoli del prezzo da pagare: i nostri dati personali sono letteralmente messi all’asta dalle grandi piattaforme, gli algoritmi possono essere usati per la sorveglianza di massa e la persecuzione etnica, il mito del self-made man dell’ideologia californiana non ha impedito la costruzione di oligopoli potentissimi, simili in modo inquietante alle Zaibatsu di Neuromante, il profetico romanzo di William Gibson, che ci mette in guardia anche da dove può condurci l’estensione del dominio della lotta al cyberspazio. È indispensabile affrontare questo nodo per evitare che il futuro si trasformi in una distopia digitale.

 

Infine, c’è la contrapposizione tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. Questa antinomia è oggetto di crescenti preoccupazioni nei dibattiti internazionali, al crescere delle capacità delle IA: oggi esistono IA in grado di imitare perfettamente il linguaggio umano e persino discutere di filosofia alla stregua di un filosofo umano. Questa capacità imitativa è il frutto del deep learning, che ha permesso di avverare il sogno (o l’incubo?) di Alan Turing di una macchina in grado di trarre in inganno l’operatore umano. L’antinomia deriva dall’inquietante considerazione se ci sia spazio, in questo mondo, per l’intelligenza umana e per quella artificiale. Finora quest’ultima non è stata in grado di sorprenderci, fa esattamente quanto ci aspettiamo secondo la sua programmazione; ma se assumesse una propria intenzionalità, una propria volontà (segno distintivo di un’intelligenza autentica), cosa potrebbe accadere?

 

Filosofie del futuro è una rassegna del dibattito, degli orientamenti, degli scenari e delle possibilità che la filosofia contemporanea ci offre in termini di strumenti e metodi per pensare al futuro. Le riflessioni che le autrici e gli autori di questo numero di Futuri ci hanno proposto rendono ancora più concreta e attuale la domanda aperta di Kant, a cui cercano di fornire una risposta: “Che cosa possiamo sperare?”

 

di Roberto Paura, Italian Institute for the Future

giovedì 31 dicembre 2020