L’Italia punta sull’idrogeno: la Strategia nazionale 2024-2050
Se il futuro energetico dell’Italia dipende anche dall’idrogeno sarà solo il tempo a decretarlo. Intanto, il Mase delinea la sua strategia con orizzonti di breve, medio e lungo termine, strutturandola in tre possibili scenari fino al 2050. L’obiettivo è contribuire al processo di decarbonizzazione e al raggiungimento del “Net zero” sulla linea del nuovo Pniec.
di Valentina Barretta
Il piano strategico italiano per lo sviluppo dell’idrogeno conferisce un ruolo chiave a quest’ultimo soprattutto in termini di “vettore energetico”. L’idrogeno soddisfa, infatti, due requisiti fondamentali:
- può essere prodotto da tutte le fonti energetiche primarie, sia rinnovabili (bio e non bio) che fossili e nucleari;
- possiede un certo grado di universalità per alcuni usi finali.
Per quanto concerne le sfide tecnologiche da affrontare per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno, il documento presentato dal ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) contempla differenti ambiti ed esigenze. Tra le principali vanno di certo annoverate la promozione della ricerca, lo sviluppo di nuovi materiali (valutando gli effetti di scala), la riduzione dei costi, l’integrazione nel sistema energetico (garantendo un efficace sector coupling con la generazione da Fer e gli utilizzi finali in ambito elettrico, termico e trasporti), l’implementazione degli aspetti normativi (inclusi regolamenti, codici e standard) a livello nazionale e contribuire agli stessi a livello Europeo e internazionale.
Un quadro più dettagliato è poi offerto dalle variabili chiave indicate nel piano, come la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, l’obiettivo di trasformare l’Italia in un hub energetico del Mediterraneo, così come un sistema di certificazione delle emissioni per evitare fenomeni di “rilocalizzazione” del carbonio.
DalIe azioni strategiche illustrate si evince che i settori che trarranno maggiore vantaggio dall’adozione dell’idrogeno saranno fondamentalmente il trasporto pesante, il settore marittimo, aereo e quello ferroviario. In quest’ultimo comparto, le tecnologie Fuel Cell sono sempre più riconosciute come mature e robuste commercialmente, come dimostrato dai treni ad H2 presenti in Germania ed in introduzione in altri paesi Europei. Nel contesto italiano, l’introduzione della mobilità ferroviaria a idrogeno viene descritta come determinante per supportare e incentivare la sinergia con altre forme di mobilità alternativa (auto, bus, etc.). Si fa riferimento, ad esempio, ai piani di Atm, l’azienda dei trasporti pubblici di Milano, che prevedono il 50% della flotta di autobus full electric entro il 2026 ed il
100% entro il 2030.
La domanda di idrogeno
In particolare, con l’obiettivo di creare una filiera italiana dell’idrogeno “forte e competitiva”, il documento analizza la domanda potenziale di idrogeno nei settori industriale e dei trasporti, delineando scenari di “alta diffusione“, “intermedia” e “base” per i consumi. Gli scenari identificati portano ad una quantificazione dei consumi lordi di idrogeno, e dunque ad una domanda stimata, che va dai 6,39 Mtep agli 11,93 Mtep. Più nel dettaglio, nello scenario “alta diffusione” i consumi finali di idrogeno nell’industria ammontano a circa 3,71 Mtep, pari al 70% dei consumi complessivi attuali di gas naturale nei comparti industriali HtA. Per soddisfare questa domanda, sarà necessario implementare capacità di elettrolizzatori da alcuni gigawatt (Gw) fino a decine di Gw, in base alle condizioni di contesto, nonché combinare più fonti: dalle energie rinnovabili, alla cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs), dai biofuel al biometano, fino all’idrogeno e, eventualmente, a una ripresa della produzione nucleare.
L’offerta di idrogeno
Contestualmente si esamina l’offerta di idrogeno, considerando la produzione nazionale (rinnovabile, blu, biogenica e potenzialmente nucleare) e l’importazione, facendo attenzione ai costi e alla necessità di infrastrutture di trasporto e stoccaggio.
Le risorse allocate
Al momento, le risorse già allocate superano i sei miliardi di euro, ma sarà necessaria una strategia a lungo termine per sostenere il settore e garantire una produzione dell’idrogeno stabile e su larga scala. È chiaro che nel medio e lungo periodo, lo sviluppo di un’infrastruttura solida e diffusa riuscirà ad abbattere di molto i costi. Tra i progetti più significativi in quest’ottica c’è il “Southern hydrogen corridor”, un’iniziativa che include la dorsale italiana e che contribuirà a trasformare l’Italia in un importante punto di snodo per l’importazione di idrogeno a livello europeo.
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