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Il dilemma della geoingegneria: mitigazione o “hackeraggio” del clima?

Con le temperature in aumento, i centri di ricerca sperimentano tecnologie per ridurre gli effetti del surriscaldamento globale: ombrelloni spaziali, nuvole artificiali e soluzioni alcaline. Ma i rischi sono troppi e non prevedibili.

martedì 5 marzo 2024
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Ogni anno è l’anno più caldo di sempre, o quasi. Le notizie, ciclicamente, tornano sui quotidiani e i telegiornali, scatenando ondate di allarme che poi, altrettanto ciclicamente, si spengono.

Per una grossa fetta del mondo scientifico la risposta al cambiamento climatico è una soltanto: decarbonizzare, decarbonizzare, decarbonizzare. Ma c’è una piccola nicchia abbastanza rumorosa secondo la quale questa soluzione non basterà. La CO2 emessa negli anni ha infatti messo a dura prova la resistenza del nostro pianeta, generando variazioni di temperatura che non saranno arginate tanto facilmente. Perciò, secondo questi scienziati, si dovrebbero contemplare opzioni diverse, come quelle che offre la geoingegneria (o, più specificatamente, “ingegneria climatica”), termine che racchiude quelle tecniche artificiali volte a contrastare i cambiamenti climatici causati dall'uomo.

Ombrelloni spaziali

Partiamo da qualche esempio. Come si legge sul New York Times, un gruppo di ricercatori, guidati da Yoram Rozen, professore di fisica e direttore dell'Asher space research institute, ha dichiarato di essere in grado di costruire il prototipo di un “parasole gigante”, che galleggerebbe nello spazio per ripararci dai raggi solari. L’idea sarebbe quella di piazzare lo “scudo” tra la Terra e il Sole per fermare una “piccola ma cruciale quantità di radiazioni”. Secondo il gruppo di ricerca, se solo il 2% di queste radiazioni venisse bloccata, sarebbe sufficiente a raffreddare la Terra di 1,5°C.

Fonte dell'immagine: The New York Times

Per ottenere questo risultato bisognerebbe proiettare un’ombra sul pianeta pari a circa due milioni e mezzo di chilometri quadrati, “più o meno la dimensione dell’Argentina”, ha specificato Rozen. Un parasole così grande, “peserebbe almeno 2,5 milioni di tonnellate: troppo per essere lanciato nello spazio”. Il progetto dovrebbe perciò coinvolgere una serie di ombrelli più piccoli. “Non bloccherebbero completamente la luce del Sole, ma proietterebbero un'ombra leggermente diffusa sulla Terra”. Rozen ha dichiarato che il team è pronto a elaborare un piccolo prototipo: per la dimostrazione sta cercando finanziamenti tra i 10 e i 20 milioni di dollari.

Nuvole e mari

La geoingegneria non si ferma però allo spazio, anzi. La maggior parte della ricerca, come sottolinea il Wall Street Journal, si concentra proprio sulla Terra. Durante la prossima estate prenderà ad esempio il via un progetto per contrastare l’acidità oceanica– causata dall’anidride carbonica, molto dannosa per la vita marina, accumulata nelle acque.

Il progetto da dieci milioni di dollari del Woods hole oceanographic institution (Whoi) prevede di scaricare migliaia di litri di idrossido di sodio (una soluzione liquida alcalina) nel mare vicino all’isola di Martha's Vineyard, nel Massachusetts.

"Quando hai il bruciore di stomaco, mangi un Tums (farmaco antiacido, ndr)", ha detto al quotidiano americano Adam Subhas, scienziato associato dell'Organizzazione mondiale della sanità e leader del progetto. “Per analogia, stiamo aggiungendo questa sostanza alcalina all'acqua di mare, per fare in modo che l’oceano possa assorbire CO2 senza generare una maggiore acidificazione delle acque. Per quello che abbiamo testato finora, si tratta di una pratica sicura per l'ambiente”.

Un altro progetto in Australia intende deviare le radiazioni solari (pratica conosciuta come “Solar radiation modification”, o Srm) nebulizzando l’acqua dell’oceano e sparandola in aria per aumentare la copertura nuvolosa sull’area della Grande barriera corallina. “Le nubi marine si formano spesso sui nostri oceani tramite il supporto di cristalli di sale marino e altre particelle che attirano l’umidità”, si legge sul sito della Great barrier reef foundation. La startup australiana vuole cercare di replicare questo fenomeno.  

Make Sunsets, iniziativa lanciata nel 2022, intende iniettare zolfo nella stratosfera tramite palloni aerostatici a più di 20 chilometri sopra la superficie terrestre, creando nubi artificiali e deviando, anche in questo caso, le radiazioni solari. L’azienda, che ha già compiuto due voli di prova, afferma che le sue “nuvole lucenti” “potranno evitare un riscaldamento globale catastrofico” e contribuiranno a salvare milioni di vite.

Edward Parson, esperto di diritto ambientale presso l'Università della California, ha detto al Guardian che le dichiarazioni di Make Sunsets, secondo cui si potrebbe riportare il mondo alle temperature preindustriali al costo di soli 50 miliardi di dollari l’anno, sono “assurde”. Però, non chiude all’ipotesi di un futuro dove queste tecnologie prenderanno più spazio.

“Secondo me, la probabilità che una nazione faccia uno sforzo serio sulla geoingegneria solare nei prossimi 30 anni è di circa il 90%”, ha detto Parson. “Poiché gli impatti peggiorano molto e la mitigazione non si diffonde in modo massiccio, ritengo molto probabile che qualche grande nazione considererà l’opzione di non sottoporre i cittadini a conseguenze climatiche intollerabili”.

Parte degli studi di settore sono stati stimolati, spiega Parson, dall’enorme eruzione del Monte Pinatubo (Filippine) del 1991, un evento che ha immesso nella stratosfera circa 20 milioni di tonnellate di anidride solforosa, abbassando temporaneamente la temperatura globale di mezzo grado

"Da allora sono stati condotte molte ricerche. Non sappiamo ancora come agire, e gli aspetti ambientali e di governance restano preoccupanti. Sarebbe avventato iniziare a implementare queste tecnologie ora, ma abbiamo perso così tante occasioni per limitare i danni del cambiamento climatico che ci troviamo di fronte solo alle opzioni peggiori”.

Controindicazioni ed effetti collaterali

Come accade però quando si prende una medicina, bisogna stare attenti agli effetti collaterali. Perché il nostro organismo potrebbe reagire in modi imprevedibili. Lo stesso rischio che corre il sistema Terra utilizzando la geoingegneria.

Una lettera aperta firmata da più di 380 scienziati richiede un accordo globale per vietare l’uso delle tecnologie di riduzione delle radiazioni solari: le crescenti ricerche nel settore sono per gli studiosi un “motivo di allarme”, perché potrebbero compromettere i modelli meteorologici, l’agricoltura e la fornitura di beni di prima necessità”.

Proteste che si sono riversate anche sul campo: nel 2021, il volo esplorativo in Svezia di un pallone aerostatico, lanciato dall’Università di Harvard per testare la possibilità di rilasciare aerosol nella stratosfera e riflettere i raggi solari, è stato interrotto dopo le contestazioni di ambientalisti e leader indigeni.

Frank Biermann, esperto di governance globale presso l'Università di Utrecht, si è detto preoccupato per il fatto che la geoingegneria solare potrebbe allentare gli sforzi per ridurre le emissioni, garantendo una copertura per le aziende fossili.

“La maggior parte degli scienziati ritiene che questa sia un’idea folle per una serie di ragioni”, ha affermato Biermann. “Presto, tutti coloro che dipendono dal carbone, dal petrolio e dal gas salteranno sul carro della geoingegneria solare e diranno: 'Possiamo continuare per 40 anni con i combustibili fossili’. Questo dibattito minaccia di far deragliare le attuali politiche climatiche. È un rischio enorme”.

Susanne Baur, dello European center for research and advanced training in scientific computation, commentando la proposta del “parasole spaziale” ha detto che, oltre a essere impossibile da realizzare in tempi utili (data la velocità del riscaldamento globale), risulterebbe “astronomicamente costoso”. Per Baur, sarebbe dunque più sensato impiegare tempo e denaro per ridurre le emissioni di gas serra e rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera (tramite, ad esempio, le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio), dedicando solo una piccola parte della ricerca a idee di geoingegneria “più praticabili ed economiche”.

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Tra l’altro, al momento non esiste alcuna governance internazionale sulla geoingegneria, aspetto che incrementa il rischio di creare “seri conflitti geopolitici”, qualora ad esempio un Paese beneficiasse degli effetti di questa strumentazione e altri, invece, soffrissero le conseguenze imprevedibili della manipolazione meteorologica.  

Ultima ma non meno importante, la questione del cosiddetto “shock da interruzione”. Se infatti decidessimo di affidarci a soluzioni tecnologiche per raffreddare la Terra, non potremmo interromperle da un momento all’altro senza causare grossi problemi, dal momento che il riscaldamento “imbottigliato”, ad esempio, sopra gli strati di nuvole artificiali, verrebbe scatenato con una velocità molto rapida. “Lo shock da interruzione mi terrorizza”, ha detto Lili Fuhr, esperta di clima ed energia presso il Center for international environmental law.

La geoingegneria, secondo Fuhr, è “una scommessa enorme sui sistemi che sostengono la vita sulla Terra”. Scommessa, a conti fatti, molto rischiosa, e di cui non sappiamo ancora prevedere le conseguenze.

Immagine di copertina: Pixabay