Sei scenari al 2050: tassazione “aggressiva” del carbonio indispensabile per un clima “net zero”
Per Oxford economics, transizione ritardata e impegni climatici disattesi conducono alla rovina. Se si procede ai ritmi attuali, picco della domanda di petrolio al 2026, ma anche dopo continuerà la dipendenza dai fossili. Unica speranza: politiche per abbattere le emissioni.
Oxford economics, una delle più importanti società di consulenza economica del mondo, ha organizzato il 19 gennaio un webinar per presentare i sei scenari macroeconomici al 2050 elaborati dal Global climate service, strumento di Oxford economics per monitorare gli impatti delle azioni climatiche sull’economia mondiale. Questi scenari, ha sottolineato la società di consulenza, “aiutano le aziende a comprendere le implicazioni del surriscaldamento globale”. Lo studio, dal titolo “An equitable path for sustainable development”, tiene anche conto degli ultimi risultati raggiunti durante la Cop 28, incorporando nuovi modelli e aggiornando i dati.
Ma quali sono questi sei scenari?
- Scenario economico di base, ovvero le politiche attuali, a causa delle quali si arriverà al 2050 a +1,9°C rispetto ai livelli preindustriali;
- Net zero: politiche necessarie a raggiungere gli obiettivi di emissioni nette pari allo zero nel 2050 e riscaldamento globale limitato a +1,5°C (target fissati dall’Accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici);
- Net zero transformation: scenario simile al “net zero”, rinforzato da un “abbattimento delle inefficienze del mercato”;
- Transizione ritardata: le politiche climatiche vengono perseguite relativamente tardi e, per arrivare alle emissioni nette zero al 2050, sono necessarie misure rigorose con impatti economici considerevoli;
- Sviluppo sostenibile: l’obiettivo di un percorso “ben al di sotto dei 2°C” viene raggiunto, con un riscaldamento globale limitato a circa 1,7°C entro il 2050;
- Catastrofe climatica: i governi non mantengono gli impegni e la temperatura aumenta di 2.3°C entro il 2050;
- Catastrofe climatica con variazione contenuta: ipotesi simile alla precedente, ma con l’intensità di produzione da parte dei combustibili fossili dimezzata.
“Lo scenario della catastrofe climatica resta sostanzialmente invariato rispetto agli anni scorsi”, si legge nello studio, “ma le previsioni che riguardano la transizione, e in particolare net zero e net zero transformation, provocano un impatto economico maggiore, guidato dagli aggiornamenti sulla tariffazione del carbonio e dagli shock sugli investimenti”. Vediamo nello specifico come.
Lo scenario economico di base, riflettendo l’attuale contesto politico ed economico, prevede il raggiungimento del picco della domanda di petrolio al 2026. L'Ue, il Regno Unito e di recente anche la Cina. hanno dichiarano la loro intenzione di raggiungere la neutralità del carbonio entro la metà del secolo, ma queste ambizioni, secondo Oxford economics, non sono sostenute adeguatamente da politiche come la tariffazione del carbonio e gli investimenti. “Pertanto, entro il 2050 prevediamo un mix energetico globale che continuerà a dipendere fortemente da fonti energetiche inquinanti come carbone, petrolio e gas”. Le emissioni, sul lungo periodo, diminuiranno, ma non in modo significativo: a metà secolo le temperature medie globali raggiungeranno +1,9°C rispetto ai livelli preindustriali.
Con lo scenario net zero si cambia musica. I governi attuano politiche rigorose per rispettare i limiti imposti dall’Accordo di Parigi. Come? Attraverso una tassazione “aggressiva” del carbonio e investimenti tecnologici coordinati, in grado di facilitare il passaggio verso un consumo energetico pulito ed efficiente.
Per quanto riguarda lo scenario di sviluppo sostenibile, invece, Oxford avverte che, nonostante la Cop 28 si sia conclusa con la convinzione di abbandonare i combustibili fossili, non tutti i Paesi disporranno delle risorse per farlo. Sarà quindi necessario un cospicuo sostegno internazionale, il cui onere ricadrà sui Paesi avanzati. In questo scenario, le economie avanzate raggiungeranno le emissioni nette entro il 2050, Cina e Russia entro il 2060 e tutti gli altri Paesi “al più tardi” nel 2070. Anche in questo caso, la tariffazione del carbonio e gli investimenti energetici rimangono leve politiche fondamentali.
Nello scenario a transizione ritardata i governi non intensificano gli sforzi per limitare il riscaldamento globale fino al 2030. Pertanto, sono necessarie politiche più rigorose per ottenere risultati climatici entro il 2050, con impatti economici considerevoli. Le misure aggressive e incerte di tassazione del carbonio causano notevoli pressioni inflazionistiche e instabilità finanziaria.
Lo scenario della catastrofe climatica è ancora più cupo. L’espansione della domanda di combustibili fossili e il mancato rispetto, da parte dei governi, degli impegni presi a livello internazionale portano a emissioni molto elevate, e il riscaldamento globale arriva a 2,2°C entro il 2050, generando danni irreparabili all’ambiente e agli esseri umani.
Immagine di copertina: Tim Trad/unsplash