Decidiamo oggi per un domani sostenibile

La transizione verso le energie rinnovabili

Le tensioni sui mercati del gas e di altre energie non rinnovabili sono state amplificate di fatto dal ritardo nella transizione ecologica, ma paradossalmente ora i mercati stanno puntando verso l’accelerazione. 

di Renato Chahinian

Prima di entrare nel merito dell’argomento, giova qualche breve osservazione di inquadramento della problematica delle energie rinnovabili nell’ambito delle azioni per lo sviluppo ambientale e in particolare per la mitigazione del clima, che è certamente l’obiettivo più urgente da raggiungere, considerato che siamo già in ritardo sui tempi di intervento e che siamo vicini al limite di non ritorno (ossia al momento in cui le tendenze negative in atto saranno irreversibili).

Per riuscire a mitigare l’attuale cambiamento climatico, sono necessarie varie azioni coordinate, perché, se riferite a una sola alternativa o a più soluzioni isolate, difficilmente risolveranno il problema in misura sufficiente a ottenere l’agognata inversione di tendenza. Quindi occorre puntare su un insieme integrato delle seguenti soluzioni:

  • risparmio energetico: produrre e consumare tutti i beni e servizi di cui abbiamo bisogno con minore quantità di energia;
  • sviluppo tecnologico: utilizzare tutte le soluzioni tecnologiche esistenti per produrre con minore energia e/o con minori fonti energetiche di origine fossile;
  • ricorso massimo alle energie rinnovabili per i fabbisogni non ulteriormente comprimibili;
  • compensazione dei gas serra in eccesso (dopo aver intrapreso le azioni precedenti) con: forestazione aggiuntiva, estensione di terreni agricoli e zootecnici, verde urbano, riduzione e riciclo dei rifiuti di ogni tipo.

Come risulta allora chiaro, le energie rinnovabili sono importantissime per frenare il riscaldamento climatico che ogni anno si aggrava e vanno coordinate con tutte le altre azioni citate. Anzi, proprio nell’ambito di queste energie, è pure essenziale diversificare in: solare/fotovoltaico, eolico, idraulico, geotermico, biomassa e idrogeno decarbonizzato.

Comunque, la rinnovabilità (cioè l’inesauribilità) di queste fonti può assicurare un approvvigionamento senza problemi, anche se i mezzi tecnici per poterle utilizzare non sempre sono abbastanza efficienti e diffusi. Inoltre, è da notare che il ricorso alle rinnovabili stesse permette il conseguimento di altri obiettivi Onu dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (oltre a quello del riscaldamento climatico) quali, ad esempio:

  • Salute e benessere (Goal 3): mediante un drastico abbattimento dell’inquinamento atmosferico e idrico;
  • Energia pulita e accessibile a tutti (Goal 7): per il miglioramento dell’ambiente e per la loro ampia disponibilità a costi irrisori;
  • Produzione e consumo responsabili (Goal 12): per i vantaggi sociali e reputazionali di chi le utilizza;
  • Vita sott’acqua e sulla terra (Goal 14 e 15): per una più incisiva salvaguardia della biodiversità.

Ciò premesso, possiamo concentrare l’argomento sulle energie rinnovabili derivanti dal settore fotovoltaico, perché ritenuto di più urgente soluzione, viste le attuali incertezze della sua situazione e considerato che la transizione alle rinnovabili in genere passa attraverso le difficoltà di accesso a questo mercato e soprattutto le tensioni dei mercati dei combustibili fossili alternativi.

La situazione delle fonti energetiche fino all’attuale crisi

Le fonti energetiche fossili alternative al fotovoltaico sono per lo più rappresentate dal gas, dal carbone e dai prodotti petroliferi. Tralasciando gli ultimi due, focalizziamo la nostra analisi sul gas, che a oggi costituisce la maggiore fonte energetica di approvvigionamento per la produzione di beni e servizi e pure quella che suscita (almeno in Italia) le difficoltà maggiori per il soddisfacimento dei fabbisogni di energia elettrica, di riscaldamento di tutti gli edifici, di una parte della nostra mobilità anche elettrica[1].

Fino a circa metà del 2021 le quotazioni del gas a livello internazionale (e, di riflesso, nel mercato interno) erano abbastanza basse e quindi tale fonte era di facile accesso anche da parte delle famiglie più fragili e delle imprese più piccole e marginali. Ciò ha da sempre scoraggiato il passaggio al fotovoltaico, nonostante da circa una decina d’anni la convenienza per quest’ultimo è stata sempre più evidente, in quanto la scelta economica si basava sul fatto che l’investimento iniziale sui pannelli fotovoltaici si poteva ammortizzare in meno di 10 anni con i risparmi sulla bolletta del gas e poi i risparmi successivi costituivano guadagni netti (cioè minori uscite, sia per le famiglie che per le imprese).

In una tale situazione, il ricorso alla rinnovabile fotovoltaica si era diffuso discretamente agli inizi del secondo decennio di questo secolo per la presenza di alcune agevolazioni pubbliche, ma poi tutto si era arenato su quei livelli, quando l’aiuto non è stato più disponibile e la trasparenza sulla convenienza delle operazioni non era così esplicita e accattivante, tanto che per vari anni soltanto pochi privati e organizzazioni virtuose realizzavano nuovi investimenti in materia, pensando soprattutto alla drammaticità del nostro futuro climatico, più che alla convenienza economica.

Da qualche anno, tra l’altro, è stato introdotto il superbonus edilizio, certamente utile a favorire l’agognata transizione alle rinnovabili e comunque alle più elevate qualità energetiche degli edifici, ma i pur consistenti stanziamenti in proposito sono stati vanificati da procedimenti complessi, abusi e soprattutto da un contributo pubblico totale (addirittura del 110%), che ovviamente ha limitato notevolmente la diffusione dei beneficiari. Oggi è prevista una riduzione graduale di detto contributo, ma si è ancora lontani dai suggerimenti della Banca d’Italia, che ha considerato efficace un intervento intorno al 40%, per ottenere qualche risultato apprezzabile al fine di una soddisfacente diffusione delle energie rinnovabili.

Insomma, non sono bastati né il timore per gli sconvolgimenti climatici, né la convenienza economica di lungo termine per smuovere individui, organizzazioni e istituzioni a cambiare orientamento, abbandonando il ricorso al gas.

La crisi del mercato del gas

Nella seconda parte del 2021 e sino a oggi è intervenuta una crisi inattesa e senza precedenti soprattutto nel mercato del gas, in connessione con un forte incremento della domanda mondiale di tutti i beni e servizi prima ridotta dagli effetti della pandemia da Covid-19, che ha dato luogo pure a un’eccezionale richiesta di fonti energetiche, le quali si sono rivelate deficitarie anche per il successivo e imprevisto scoppio della guerra in Ucraina. L’impatto combinato delle due circostanze ha provocato un eccezionale aumento dei prezzi non soltanto delle fonti fossili (le uniche ad essere disponibili, seppur con ritardi nelle consegne), ma di tutte le materie prime (che avevano bisogno di essere prodotte con l’apporto di energia) e poi, a cascata, su tutti i beni intermedi e sui prodotti finiti, che ormai hanno innescato un forte e generalizzato processo di inflazione, per ridurre il quale le autorità monetarie hanno dovuto innalzare i tassi d’interesse, che, a loro volta, hanno reso più costosi pure i finanziamenti degli stessi investimenti (compresi quelli rivolti alle energie rinnovabili e allo sviluppo sostenibile in generale).

Quello che è successo rappresenta un vero e proprio caso da manuale: non abbiamo voluto passare per tempo alle energie rinnovabili e ora sopportiamo le conseguenze di avere un clima sempre più inclemente e pericoloso e per di più ci troviamo in una situazione economica molto precaria, proprio a causa del nostro disinteresse verso la transizione, in quanto, se avessimo da tempo intrapreso tale strada, non avremmo subito i rincari del gas, risentiremmo marginalmente di tutte le tensioni energetiche attuali e avremmo evitato in buona parte le conseguenze inflazionistiche e sul costo del denaro. Inoltre, al termine della pandemia, avremmo goduto di tutti i benefici economici, sociali e ambientali maturati con la ripresa e la resilienza.

Pure ci avrebbero riguardato in modesta misura l’immane spostamento di ricchezza che invece di fatto è avvenuto (e sta ancora avvenendo) a vantaggio dei produttori di gas e di altre energie fossili e a danno di tutti i privati e le aziende utilizzatrici di tali fonti. Infatti i costi di produzione dell’energia non sono affatto cresciuti e quindi nei prezzi si sono scaricati soltanto fenomeni speculativi e la disponibilità a pagare da parte della domanda pressata dai bisogni energetici impellenti. Tali extra-profitti dei produttori di gas sono arrivati, nei periodi di massimo rialzo, ad aumentare oltre il 100% (rispetto al tempo iniziale degli incrementi di prezzo), ma le imposte aggiuntive praticate da alcuni Stati (tra cui l’Italia) riusciranno soltanto in parte a recuperare tale arricchimento indebito, in quanto la maggior parte di questi sono stranieri e i prezzi di importazione sono già appesantiti dagli aumenti, a parte ovviamente eventuali fenomeni speculativi lungo la filiera.

Per aiutare famiglie e imprese a sostenere simili rincari c’è stato pure bisogno di notevoli aiuti pubblici, fondi che così sono andati paradossalmente a finanziare l’approvvigionamento di fonti fossili, anziché quello delle rinnovabili e tale strategia è stata incoraggiata dal fatto che il gas, proprio per la sua diffusione in luogo delle energie rinnovabili, è stato considerato dalla cosiddetta tassonomia comunitaria come fonte rinnovabile di transizione. In realtà, anche se con emissioni di gas serra inferiori a quelle di altre fonti (come il carbone e il petrolio), il gas è pur sempre un combustibile fossile che altera il clima in misura ragguardevole.

Qualche spiraglio di miglioramento della situazione si va delineando comunque all’orizzonte:

  • la domanda di gas si sta riducendo e pure i prezzi si sono in parte abbassati (creando le condizioni per un futuro calo dell’inflazione e delle aspettative su ulteriori incrementi dei tassi d’interesse);
  • se ciò avverrà, ci sarà meno bisogno di contributi pubblici e questi potrebbero essere più profittevolmente indirizzati verso le fonti rinnovabili;
  • il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) potrà iniziare a realizzare i suoi benefici effetti anche in virtù di tutti gli investimenti previsti per la transizione energetica;
  • famiglie e imprese, oltre alle istituzioni pubbliche, saranno finalmente indotte a investire di più sulle energie rinnovabili, anche in considerazione della passata esperienza e delle maggiori convenienze economiche nel frattempo generate dalle differenze di prezzo.

Le opportunità per la transizione

Paradossalmente questa grave crisi del mercato del gas, che si spera cessi presto, è servita comunque a qualcosa.

Innanzi tutto, si è diffusa una radicata sensibilizzazione nelle fonti energetiche rinnovabili, sino ad ora sottovalutata da molti pregiudizi e dall’assenza di palesi vantaggi immediati. Ma soprattutto il rincaro immotivato delle quotazioni energetiche ha evidenziato sensibilmente la convenienza delle rinnovabili e in particolare degli impianti fotovoltaici in tutti gli edifici.

Per quanto riguarda le sedi produttive, ogni attività può installare pannelli fotovoltaici (nel tetto, nelle superfici scoperte e pure nelle facciate esposte al sole) in modo da essere completamente autosufficiente per il proprio fabbisogno energetico e non dipendere più dalle attuali costosissime forniture di gas (ormai ci sono le soluzioni tecniche per non dipendere nemmeno in caso di scarso irraggiamento solare). Proprio il risparmio sull’alternativa dei rincari del gas è ora in grado di ammortizzare completamente il costo degli impianti in un arco temporale da tre a cinque anni e, secondo gli esperti, addirittura in un solo anno per le industrie più energivore.

Le famiglie, che hanno consumi molto inferiori, possono arrivare comunque ad ammortizzare la spesa in cinque-sette anni e possono godere dei bonus ordinari fiscali per il 50% di tale spesa, mentre il predetto Superbonus dovrebbe essere riservato alle famiglie più bisognose.

Anche tutte le istituzioni pubbliche potrebbero beneficiare di questa opportunità, ammortizzando i relativi costi in media tra i cinque e i sette anni.

Perché tutto ciò si avveri su larga scala, mancano soltanto i fondi iniziali per pagare gli impianti e, corrispondentemente, un’espansione senza precedenti dell’industria fotovoltaica.

Per quanto riguarda il primo aspetto, i costi non eccessivi per le forniture familiari (intorno ai 10mila/12mila euro: meno di quelli di un’automobile di media cilindrata) potrebbero per lo più essere coperti dallo stesso risparmio delle famiglie non bisognose (il risparmio delle famiglie italiane è tra i più elevati al mondo). Per quelle economicamente più fragili, invece, potrebbero essere istituiti mutui agevolati con garanzia pubblica. Analogamente può procedersi nei confronti delle imprese e i relativi rimborsi sarebbero garantiti dal risparmio sulle bollette, non più pagate.

Per l’espansione dell’industria fotovoltaica, invece, occorrono nuovi rilevanti investimenti da parte di un settore che è ancora dimensionato sulla modesta domanda attuale. Ma anche qui si potrebbe verificare un sorprendente sviluppo della finanza sostenibile, proprio per finanziare un settore ecologico e che si presenta pure redditizio, se non altro per l’entità notevole della domanda potenziale.

Già altri recenti articoli dell’ASviS hanno messo in evidenza questa nuova tendenza in atto anche spontanea, cioè senza mirati interventi pubblici (si veda, ad esempio, l’articolo di Flavio Natale “Fotovoltaico: Germania più grande mercato solare d’Europa, Italia al sesto posto”, che cita anche altre pubblicazioni in materia).

D’altra parte, anche l’Ue sta predisponendo una nuova direttiva sui nuovi edifici e sulla ristrutturazione di quelli esistenti, con l’obiettivo di azzerare le emissioni di gas serra provenienti da tutti gli edifici entro il 2050, e sta anche pensando a un’esclusione dalla normativa sugli aiuti di Stato per i contributi pubblici finalizzati alla transizione ecologica.

di Renato Chahinian, consulente in Economia e finanza dello sviluppo sostenibile       

 

[1] Oltre al gas per autotrazione, è da tener presente che le nuove auto elettriche si riforniscono pure con elettricità prodotta per lo più da questa fonte.

fonte dell'immagine di copertina: Elnur/123rf

giovedì 19 gennaio 2023