Che cosa rischia l’Europa tra ondate di calore, malattie e inquinamento atmosferico
Il Vecchio continente sempre più vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici, secondo due studi. Necessarie soluzioni a lungo termine, dall’adeguamento degli orari di lavoro nelle zone più calde all’impegno per ridurre le sostanze inquinanti.
di Flavio Natale
Alte temperature e malattie infettive sono tra i principali rischi per la salute associati ai cambiamenti climatici in Europa, e in futuro aumenteranno in modo incisivo: questo il quadro allarmante che emerge dal rapporto “Climate change as a threat to health and well-being in Europe: focus on heat and infectious diseases”, prodotto dall’Agenzia europea per l’ambiente (Aea) con la collaborazione dell’European topic centre on climate change impacts, vulnerability and adaptation (Etc/Cca).
Secondo il documento, a oggi le ondate di calore sono responsabili del “maggior numero di decessi associati ai rischi naturali in Europa”, un rischio reso ancora più concreto dalla crescente vulnerabilità della popolazione europea – dovuta all’invecchiamento, alla prevalenza di malattie croniche, alla crescente urbanizzazione. L’elevata vulnerabilità e l’aumento delle temperature portano a prevedere, per i prossimi anni, un numero crescente di decessi e disturbi legati al caldo e una riduzione della produttività del lavoro (una perdita media annua di 16 ore per lavoratore nei settori altamente esposti, rispetto al secolo scorso).
Il documento sottolinea inoltre il rapporto sempre più stretto tra malattie infettive e cambiamento climatico: il clima europeo sta diventando infatti sempre più idoneo a ospitare agenti patogeni che, combinati con le malattie importate dall’estero, “aumenta la probabilità di insorgenza di focolai locali”.
Gli effetti per la salute si differenziano però a livello regionale: l’Europa meridionale viene indicata come la zona che, nel presente come in futuro, verrà maggiormente colpita dalle ondate di calore, con un aumento dei tassi di mortalità e degli impatti negativi sul lavoro. La vulnerabilità della popolazione alle alte temperature è invece più elevata nell’Europa settentrionale e occidentale (a causa dell’urbanizzazione e della percentuale di anziani). L’Europa centrale e orientale risultano invece più idonee a ospitare malattie infettive, come la dengue, la malaria e il virus del West Nile, e le coste del Mar Baltico rischiano di essere focolai per le infezioni da Vibrio.
Queste previsioni risultano ancora più allarmanti nel momento in cui le misure per ridurre l’inquinamento non danno i risultati previsti. Secondo un rapporto prodotto dalla Commissione economica per l'Europa (Unece) nel quadro della Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza, i Paesi della regione paneuropea e del Nord America, nonostante abbiano ridotto le emissioni, “sono destinati a subire danni a lungo termine causati dall'inquinamento atmosferico alla salute umana, agli ecosistemi e ai raccolti”. Per evitare ciò, il Rapporto richiede ulteriori misure mirate per ridurre le emissioni in tutti i settori, e nello specifico in agricoltura, energia, trasporti, spedizioni e nutrizione.
Il monitoraggio conferma che le azioni di abbattimento delle emissioni hanno portato a concentrazioni inferiori per la maggior parte degli agenti inquinanti: ad esempio, gli ecosistemi acquatici e terrestri hanno mostrato prove di recupero dall'acidificazione dagli anni '90 a oggi. Tuttavia, esistono ancora rischi di eutrofizzazione – la presenza nell'ecosistema acquatico di dosi troppo elevate di sostanze nutritive come azoto, fosforo o zolfo, provenienti da fonti naturali o antropiche (come i fertilizzanti o alcuni tipi di detersivi) che portano squilibri significativi nell’ambiente e numerosi effetti a cascata, tra cui la proliferazione di alghe – a causa dell’alto livello di azoto negli ecosistemi europei. “Le temperature più elevate dovute ai cambiamenti climatici esacerbano questi effetti, aumentando la probabilità dell’insorgenza di fattori di stress”, si legge nel Rapporto.
Il documento registra anche “ampi superamenti” delle linee guida sulla qualità dell'aria prodotte dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in particolare per quanto riguarda le polveri sottili Pm2,5. Nel 2015, il Rapporto rileva che oltre il 90% della popolazione della regione era ancora esposta a livelli che superavano le linee guida, con gravi conseguenze per la salute, come malattie respiratorie e cardiovascolari, cancro e morti premature. Nel 2021, il 96% della popolazione urbana nell'Ue è stata esposta a livelli di Pm2,5 al di sopra delle linee guida dell'Oms.
“Sebbene l'attuale legislazione produrrà ulteriori riduzioni delle emissioni a breve e lungo termine”, aggiunge l’Unece, gli scenari mostrano che questi impegni non saranno sufficienti per raggiungere gli obiettivi a lungo termine. Ad esempio, nello scenario legislativo attuale, entro il 2050 solo un terzo della popolazione soddisferà le linee guida sulla qualità dell'aria dell'Oms per il Pm2,5; nel 65% dell'Unione europea la soglia di azoto sarà ancora superata; e l'elevata quantità di ozono presente nel suolo porterà ancora a perdite di raccolto – ad esempio, una perdita media dell'8% dei raccolti di grano nell'emisfero settentrionale. Anche lo scenario più ottimistico per il 2050 (con riduzioni significative dell’inquinamento a seguito della politica globale di mitigazione del clima, una trasformazione significativa nel settore agricolo, un cambiamento effettivo nella dieta umana) rischia di non raggiungere risultati soddisfacenti: questo scenario mostra infatti che il 30% della popolazione nella regione sarà ancora esposta a concentrazioni di Pm2,5 superiori al livello di riferimento dell'Oms del 2021 e che, nel 25% dell'area europea, la soglia di azoto sarà superata.
Per queste ragioni, sia a livello sanitario che climatico, risulta urgente l’attuazione di un’ampia gamma di soluzioni e piani dedicati (tra cui l’adeguamento degli orari di lavoro nelle zone più calde, la preparazione del personale sanitario alle minacce dei cambiamenti climatici o l’impegno maggiore degli Stati per ridurre le emissioni e la produzione di sostanze inquinanti) per arrivare preparati alle sfide che ci attendono nei prossimi anni.
Scarica il rapporto dell’Unece
fonte dell'immagine di copertina: bilanol/123rf