The Lancet: politiche per la salute e lotta alla crisi climatica sono strettamente connesse
Gli impatti più catastrofici possono essere contenuti riducendo le morti per inquinamento da fossili e accelerando la transizione a una alimentazione più bilanciata e vegetale. Effetti positivi anche per l’economia.
di Maddalena Binda
“In questo momento critico una risposta immediata e incentrata sulla salute può ancora garantire un futuro in cui la popolazione potrà non solo sopravvivere, ma anche prosperare” si legge nel settimo rapporto pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet “Countdown on health and climate change: health at the mercy of fossil fuels”, realizzato con la collaborazione di 51 istituzioni.
Gli eventi estremi, come alluvioni, siccità e ondate di calore, verificatesi nel mondo tra il 2021 e 2022 hanno reso evidenti il cambiamento climatico, con profonde conseguenze sulla salute, sulla sicurezza alimentare e sull’economia. “Le morti legate alle ondate di calore sono aumentate del 68% tra il periodo 2000-2004 e il 2017-2021” si legge nel rapporto. L’aumento delle temperature facilita la trasmissione di malattie infettive, come la malaria e la febbre dengue: il periodo favorevole per la trasmissione della malaria, ad esempio, “si è allungato del 31.3% negli altopiani americani e del 13.8% in quelli africani nel periodo 2021-2021 rispetto al decennio 1951-1961.”
Il cambiamento climatico sta aggravando gli impatti della pandemia da Covid-19 e delle guerra in Ucraina sulla sicurezza alimentare: il rapporto evidenzia che, a causa delle ondate di calore, nel 2020 98 milioni di persone in più hanno affermato di trovarsi in condizioni di insicurezza alimentare moderata o acuta, una crescita del 3.7% rispetto al periodo 1981-2010. L’aumento della temperatura rende, infatti, più rapida la maturazione dei prodotti agricoli, come il grano e il mais, e diminuisce la resa del raccolto.
Il rapporto sottolinea anche le significative ricadute economiche dei cambiamenti climatici. Nel 2021, ad esempio, le ondate di calore hanno causato la perdita di 470 miliardi di potenziali ore di lavoro, (una media di 139 ore a persona) registrando un aumento del 37% rispetto alla media del periodo 1990-1999. The Lancet riporta che questo possa equivalere a “una potenziale perdita di reddito equivalente allo 0.72% dell’output economico globale”. Il rapporto evidenzia, inoltre, come “gli eventi estremi abbiano causato, nel 2021, danni per 253 miliardi di dollari statunitensi”.
Nonostante la firma, trent’anni fa, della Convenzione quadro delle Nazioni unite sul cambiamento climatico, le azioni per contrastare questa crisi sono state minime. Il settore energetico, cruciale nella mitigazione dei cambiamenti climatici, continua a essere dominato dai combustibili fossili: le fonti rinnovabili, che hanno registrato un aumento significativo negli ultimi anni, contribuiscono solo all’8.2% della produzione globale di energia. “La dipendenza da combustibili fossili non solo compromette la salute globale aumentando le conseguenze del cambiamento climatico, ma impatta direttamente sulla salute e sul benessere umano per via della volatilità e l’imprevedibilità dei mercati dei combustibili fossili, della fragilità nelle catene di fornitura e dei conflitti geopolitici” evidenzia il rapporto.
Secondo The Lancet, è necessario adottare politiche incentrate sulla salute che “ridurrebbero la probabilità degli impatti più catastrofici dei cambiamenti climatici, migliorando la sicurezza energetica, creando opportunità per la ripresa economica e garantendo benefici immediati per la salute”. L’utilizzo di energia pulita, ad esempio, contribuirebbe alla diminuzione delle morti per esposizione al PM2.5 che, nel 2020, sono state pari a 4.2 milioni, di cui 1.2 milioni direttamente collegate all’impiego di combustibili fossili. Un altro esempio riguarda il settore agro-alimentare in cui “una transizione accelerata verso una alimentazione più bilanciata e più vegetale non solo aiuterebbe a ridurre del 55% le emissioni del settore agricolo che provengono dalla produzione di carne e latte, ma preverrebbero, ogni anno, fino a 11.5 milioni di morti legate all’alimentazione”.
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