Tre scenari per l’Europa, ma uno solo è sostenibile
L’Unione europea è a un bivio: business as usual, una nuova era o frammentazione e conflitto. Una relazione del gruppo di esperti convocato dal commissario per l'Economia Gentiloni riassume le sfide economiche e sociali post-Covid.
di Andrea De Tommasi
“Il mix di politiche macroeconomiche dell’Unione europea per rispondere alla pandemia è stato di gran lunga migliore della risposta politica alla crisi finanziaria, anche se ci sono state opportunità perse”, come ad esempio le misure insufficienti per aiutare i Paesi più poveri a vaccinare la loro popolazione. L’Ue si trova ora davanti a “tre strade principali per uscire dalla pandemia”. È quanto emerge dal rapporto “A new era for Europe: how the European Union can make the most of this pandemic recoverey, pursue sustainable growht, and promote global stability”, realizzato dal Gruppo di alto livello convocato dal commissario per l'Economia della Commissione europea, Paolo Gentiloni, per riflettere sulle sfide economiche e sociali post-Covid.
Secondo gli esperti, tra cui il professor Carlo Carraro dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, “ciascuno scenario offre sia promesse che insidie”, anche se un percorso è chiaramente migliore rispetto agli altri due. Il Rapporto, pubblicato agli inizi di marzo, è stato completato prima dell’invasione russa all’Ucraina, ma secondo gli esperti contiene raccomandazioni ancora più necessarie alla luce dei recenti avvenimenti, in particolare quelle sul posizionamento dell’Europa (compresa la creazione di una difesa comune) e sull’accelerazione della transizione energetica e l’affrancamento dal gas russo. Vediamo ora i tre scenari.
Business as usual
In questo scenario, che è definito come conservativo, l’Europa ripeterebbe il percorso seguito alla crisi finanziaria del 2008-2013 a causa della mancanza di volontà politica di intraprendere azioni più audaci. Ci sarebbero alcuni cambiamenti che apriranno la strada alla ripresa, seguiti però da un ritorno alle abitudini e alle tendenze precedenti. Si tratterebbe di mutamenti incrementali e non di un cambio di paradigma orientato verso “più digitalizzazione e telelavoro, più spesa sanitaria e più spinta verso fonti di energia e politiche climatiche green”. Seguendo questa strada, la crisi del Covid-19 comporterebbe notevoli cambiamenti nei sistemi sanitari, ma “non farebbe molto per frenare i cambiamenti climatici, le disuguaglianze o le sfide di una globalizzazione incontrollata”.
New era
Lo scenario migliore è quello in cui la crisi del Covid dà all’Europa “la motivazione per superare i suoi limiti storici e perseguire miglioramenti duraturi per la sua economia, la sua società e il suo ambiente”. Questo percorso consentirebbe i progressi maggiori su tutti e tre gli elementi della triplice transizione (cambiamento climatico, digitale e sociale). I paralleli storici in questo caso sono i principali passi compiuti alla fine della Seconda guerra mondiale (New Deal, Piano Marshall, accordi di Bretton Woods) piuttosto che le misure varate durante la crisi del 2008. Nel passare alla cosiddetta nuova era, l’Ue dovrebbe fare del Green Deal e di simili sforzi incentrati sul clima il fulcro della sua strategia futura, incoraggiando il resto del mondo a seguire l’esempio. Secondo gli esperti, le attuali strategie dell’Ue mostrano di muoversi verso questo scenario.
Frammentazione e conflitto
Il terzo scenario prevede un contesto in cui l’Ue e i suoi alleati non siano in grado di collaborare e di gestire i difficili compromessi. Ciò potrebbe porre le basi “per un altro ciclo di crisi entro un decennio”. Il clima è una minaccia evidente e si estende oltre i confini europei, ma pericoli futuri potrebbero arrivare anche nei terreni della geopolitica, della geoeconomia e della ripresa dei populismi. La fiducia delle opinioni pubbliche nei governi “si indebolirebbe ulteriormente, a una velocità senza precedenti grazie alla portata dei social media, e il debito pubblico e privato potrebbe salire alle stelle oltre la capacità del mercato di fornire finanziamenti”.
Il fattore tempo è fondamentale, si legge nel Rapporto, e l’Europa dovrebbe intensificare gli impegni per convincere i principali attori globali a impegnarsi sullo scenario New Era. Il finanziamento pubblico diventerà una delle sfide più grandi dopo la graduale cessazione del Recovery and resilicence facility (Rrf), fulcro del pacchetto di finanziamenti del Next generation Eu. Alcuni finanziamenti proverranno da modifiche pianificate al sistema europeo per lo scambio di emissioni (Eu Ets) e attraverso la sua estensione ai settori marittimo e aeronautico. L’Ue potrebbe anche stimolare gli investimenti con misure di riduzione dei sussidi ai combustibili fossili e il carbon border adjustment mechanism (Cbam). Dal lato del settore privato, la sfida principale per quanto riguarda gli investimenti legati al clima è creare i necessari incentivi di mercato.
di Andrea De Tommasi