20 ottobre 2021
"Da ransomware a killware", "Persi nelle città", "La trappola artica": questi i temi della nostra rassegna settimanale.
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Da ransomware a killware. Alejandro Mayorkas, segretario alla sicurezza interna statunitense, ha avvertito, in un’intervista rilasciata a Usa Today, che il prossimo attacco informatico potrebbe “uccidere delle persone”, passando dai classici ransomware (malware che limitano l'accesso del dispositivo, richiedendo un riscatto da pagare per rimuovere la limitazione), al “killware”. Mayorkas ha osservato, ad esempio, che l'attacco ransomware alla Colonial Pipeline non aveva un fine economico, ma era stato concepito “per fare del male”. L’hacking aveva come obiettivo la contaminazione di gran parte dell'approvvigionamento idrico di Oldsmar, in Florida, aumentando la quantità di idrossido di sodio di 100 volte: una percentuale, se non diluita, letale.
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Persi nelle città. “Secondo i dati dei cellulari di oltre 14mila persone, gli esseri umani non calcolano il percorso più breve per attraversare le strade della propria città. Il motivo è semplice: il nostro cervello vuole che proseguiamo nella direzione in cui stiamo andando, anche se non è la più efficiente”. La scoperta, rivelata da un team internazionale di ricerca guidato dal Mit, non riguarda solo la nostra natura di esseri abitudinari, ma anche la tendenza a scegliere strade che non implichino svolte. “Piuttosto che selezionare il percorso più breve, i pedoni hanno scelto di percorrere la via che permette loro di arrivare direttamente alla destinazione, anche se deviare li avrebbe portati lì più rapidamente”. Le ragioni? Varie, tra cui eludere i pericoli: “30mila anni fa evitavamo un leone, ora, un Suv”, ha commentato Carlo Ratti, architetto e ingegnere del Mit e del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
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La trappola artica. “L'Artico potrebbe non essere più un rifugio per gli animali migratori”, si legge su ScienceAlert. Gli scienziati temono infatti che il cambiamento climatico e il degrado ambientale abbiano trasformato il viaggio annuale di numerose specie in una trappola ecologica. Una volta raggiunta la loro destinazione, molti animali muoiono di fame, vengono cacciati o soffrono di malattie a un tasso più elevato di prima. “Questi risultati sono allarmanti”, ha commentato Vojtěch Kubelk, ecologo evoluzionista presso l'Università di Bath nel Regno Unito. “Abbiamo vissuto con l'idea che le terre del nord rappresentino porti sicuri per gli animali migratori”. La mancanza di cibo, ad esempio, sembra derivare da un disallineamento stagionale tra il momento in cui un animale arriva nel nord e quello in cui è disponibile la sua principale fonte di nutrimento.
di Flavio Natale