Elefanti all’asta in Namibia, c’è bisogno di una regolamentazione futura
La vendita di pachidermi africani verso gli Emirati Arabi Uniti ha generato numerose proteste, così come la pesca intensiva del totoaba e della vaquita in Messico. Summit del Cites per definire il quadro giuridico da adottare nei prossimi anni.
di Flavio Natale
“La diffusione dello sviluppo sostenibile e la conservazione della biodiversità non avverranno senza uno sforzo multilaterale, concertato e coordinato. Il mondo si rivolge a noi per affrontare queste sfide”. Con queste parole Ivonne Higuero, segretario generale della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (Cites), ha aperto la 74esima riunione del Comitato permanente Cites (Sc74). Dopo una pausa di 30 mesi dovuta dalla pandemia Covid-19, i delegati si sono riuniti in presenza per affrontare un’agenda particolarmente impegnativa, sui cui punti all’ordine del giorno ci sono stati consensi, ma anche numerosi disaccordi.
Tra questi ultimi, il caso dell’esportazione di 22 elefanti vivi, messi all’asta dalla Namibia per essere trasferiti negli Emirati Arabi Uniti. Secondo il quotidiano nazionale The Namimbian, i pachidermi sarebbero stati venduti dal ministero dell’Ambiente e del turismo “solo per fare cassa”, accusa a cui ha risposto Romeo Muyunda, portavoce del ministero: “Vogliamo chiarire che tutti gli elefanti battuti sono stati venduti a offerenti namibiani. L'esportazione successiva fuori dal Paese non è stata una decisione del ministero. Gli aggiudicatari hanno piena proprietà degli animali, e comunque nessuna legge è stata violata”. Ma la questione della diffusione dei pachidermi sul suolo namibiano riguarda anche il loro rapporto con le attività umane: “Dal 2019 al 2021”, ha proseguito Muyunda, “il nostro Paese ha registrato un totale di 960 casi di danni alle colture. Di questi, 923 sono stati causati dagli elefanti”. Sulla base di questi dati è stato deciso, nel 2021, di diminuire il numero di pachidermi sul suolo nazionale. “In due anni, oltre alle colture abbiamo perso anche quattro persone, morte a causa degli elefanti”, ha aggiunto il portavoce, che infine ha assicurato: “I fondi generati dalle aste saranno investiti nella conservazione”. I delegati del Cites non sono riusciti a trovare un accordo sulla questione, e hanno invitato i rappresentanti degli Stati a proporre un quadro giuridico futuro per il commercio di elefanti africani entro la prossima riunione della Conferenza delle parti (Cop19).
Altro punto spinoso all’ordine del giorno ha riguardato il futuro delle specie totoaba e vaquita nelle acque del Messico. Il totoaba, infatti, è un pesce particolarmente ricercato per via delle presunte proprietà terapeutiche della sua vescica natatoria – che, sul mercato nero cinese, raggiunge un valore che oscilla tra 50 e 60mila dollari al chilo. La caccia intensiva al totoaba, però, ha un impatto diretto anche sulla vaquita, una rara specie di focena in via di estinzione, che rimane spesso impigliata nelle reti impiegate nella pesca del totaba. Durante il summit, alcuni delegati hanno richiesto la sospensione delle misure commerciali contro il Messico – che non sono state ritirate. Allo stesso modo, la proposta del Messico di promuovere l’allevamento in cattività del totoaba è stata ritenuta problematica, anche se sostenuta da molti rappresentanti. Altrettanti, però, si sono dichiarati “frustrati e preoccupati” per la sopravvivenza della vaquita.
È emerso invece un significativo consenso su molti punti, compreso il ruolo della Cites nel ridurre il rischio di insorgenza di future malattie zoonotiche associate al commercio internazionale di specie selvatiche. Molti hanno evidenziato i vantaggi della collaborazione internazionale, accettando di lavorare con l'Organizzazione mondiale per la salute animale (Oie) per identificare soluzioni efficaci e pratiche per ridurre i rischi di diffusione di agenti patogeni nelle catene di approvvigionamento alimentari.
Durante il summit, sono state prese altre importanti misure per la conservazione dei grandi felini (in particolare le popolazioni di giaguari), la gestione delle specie arboree, una migliore governance forestale, la conservazione di specie acquatiche (squali, razze, tartarughe marine, cavallucci marini) e terrestri (antilopi tibetane e antilopi saiga).