Come l'AI sta cambiando il cinema: tra morphing, surrealismo e nostalgia
Le immagini stranianti generate dall’intelligenza artificiale vengono utilizzate da molti artisti per descrivere una realtà veloce e interconnessa. E possono dirci qualcosa in più su come sta evolvendo il nostro modo di percepire il mondo.
Partiamo da un assunto: digitando un prompt (testo) nei vari generatori di immagini (Midjourney) e video (Runway e Sora) per AI, spesso si incorre in risultati insoliti, figure deformate e a volte inquietanti. Ma potrebbe non trattarsi di semplici bug.
Secondo Holly Willis, professoressa di Arti cinematografiche presso l’Università della California del Sud, questa potrebbe essere considerata una caratteristica peculiare dell’AI generativa. “E gli artisti”, dice Willis, “stanno sfruttando questa estetica per creare una nuova narrativa”.
Piattaforme come Midjourney, Runway e Sora consentono ad esempio ai registi di realizzare cortometraggi articolati a budget ridottissimi. “Sebbene quest'opera rimanga vertiginosamente eclettica nella sua diversità stilistica, offre tracce di alcune intuizioni sul nostro mondo”, aggiunge Willis. “Mi viene in mente che sia negli studi letterari che in quelli cinematografici, gli studiosi credono che, man mano che le culture cambiano, cambi anche il modo in cui raccontiamo le storie”.
Ma di quali tendenze stiamo parlando? Willis ne individua cinque.
Morphing, ovvero la trasformazione delle immagini
Le immagini sfocate generate dalle AI possono essere utilizzate per descrivere individui, o personaggi, in trasformazione. L'artista francese Karoline Georges ha ideato un cortometraggio, “The Beast”, dove un uomo muscoloso si trasforma prima in una specie di gatto scheletrico, curvo e sinistro, e poi in un lupo minaccioso. La metafora dietro al cortometraggio riguarda in modo abbastanza manifesto la mostruosità dell’uomo. Ma l’aspetto più innovativo è la fluidità del suo processo di trasformazione. “C'è un piacere vertiginoso nel vedere l'evoluzione senza soluzione di continuità della figura”, commenta Willis, fluidità rappresentativa a sua volta dei mutamenti di forma che ci caratterizzano, in un mondo digitale sempre più veloce.
Il ritorno del surrealismo
Un altro degli aspetti caratteristici delle immagini create attraverso l’intelligenza artificiale generativa riguarda la stranezza e deformità di alcune immagini, che possono essere però riutilizzate a fini creativi.
Niceaunties, artista di Singapore, ha utilizzato questi “bug” per creare immagini con cui scandagliare il ruolo dell’anzianità nelle culture del sud-est asiatico, generando immagini di donne che rilasciano nuvole di lacca per sostenere impossibili torri di capelli o che fanno la sauna dentro enormi piatti di ramen.
Di stampo più oscuro, e inquietante, è il video musicale “Forest Never Sleeps”, dell'artista Doopiidoo, in cui si alternano ibridi di donne-polpo, topi che suonano la chitarra, uomini-struzzo che tagliano la legna. Il tutto accompagnato da un brano death metal. Il surrealismo, insomma, torna come una forma con cui descrivere il mondo.
Narrazioni oscure
Rimanendo in tema, la sensazione di inquietudine generata dalle immagini AI può essere utilizzata per descrivere gli aspetti più disturbanti, e complessi, della nostra epoca.
Lucas Ortiz Estefanell, dello studio creativo SpecialGuestX, ha elaborato "La Fenêtre", un’opera in cui abbina sequenze di immagini create artificialmente a una voce fuori campo che riflette su alcune idee, come la nostra concezione di realtà, privacy e vita, interrogandosi allo stesso tempo sul desiderio di creare mondi sintetici. “Quando ho guardato questo video per la prima volta”, commenta la voce narrante, “il significato dell'immagine ha smesso di avere senso”.
“Closer” è invece un video musicale del regista Mau Morgó, basato sulla canzone di Iceboy Violet & Nueen. Il video descrive “l'esaurimento stanco del mondo della Gen Z attraverso decine di giovani che dormono, spesso sotto il bagliore verde degli schermi video” e riflette sul destino di una generazione cresciuta con i social media e l’intelligenza artificiale, raffigurata con i telefoni stretti al corpo mentre sussurrano nel sonno.

Quel che resta della creatività
Rivediamo in maniera critica la recente intervista ad Asimov. Esploriamo i limiti dell'AI nella generazione creativa, per comprendere come l'essere umano sia ancora indispensabile nel depositare un seme che l'AI poi sviluppa.
Le derive della nostalgia
Ma l’intelligenza artificiale può anche ricreare un passato in cui vorremmo tornare. Il regista italiano Andrea Ciulu ha utilizzato l’AI per ricreare in un video le ambientazioni più iconiche della cultura hip-hop degli anni ’80, descrivendo una città animata da ragazzi che corrono nei vicoli e volteggiano a ritmo di breakdance. “Ciulu dice che voleva catturare l'ambiente urbano di New York, tutto ciò che ha sperimentato a distanza, dall'Italia, quando era bambino”, sottolinea Willis. “Il video evoca un senso di nostalgia per un tempo e un luogo mitici, creando un ricordo che è anche allucinatorio”.
Discorso simile vale per “Shadow Rabbit” dell’artista David Slade, che si è servito dell’AI per reinventare immagini in bianco e nero (ispirate all’estetica anni ’50) per mettere in scena bambini che scoprono piccoli animali in miniatura sulle loro mani, sottolineando come l’intelligenza artificiale possa creare mondi fantasiosi e stimolare l’immaginazione.
Il collasso del tempo e dello spazio come li conosciamo
L’AI può essere anche un’occasione di riflessione sulla nostra idea di tempo e spazio. Il regista Paul Trillo, nella canzone “The Hardest Part” dei Washed Out, crea un effetto di “zoom infinito” che attraversa corridoi di uno scuolabus, la mensa del liceo, le autostrade notturne. Il video descrive la velocità del tempo in cui ci muoviamo (specialmente da adolescenti) e il collasso di un’idea di spazio, per chi sfreccia da giovane in un mondo molto più vasto di lui.
Anche nel video musicale "The Pulse Within", del duo Vallée Duhamel, la telecamera viaggia a ruota libera in uno spazio in cui le regole non funzionano più, e i personaggi volteggiano come svincolati dalla legge di gravità.
Queste opere d’arte riflettono il nostro profondo legame con i sistemi computazionali. E, chissà, mentre ci dicono qualcosa in più del modo in cui le AI vedono il mondo, ci possono dire qualcosa del modo in cui il mondo lo vediamo noi.
Copertina: Erick Butler/unsplash