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Sotto la superficie: la scomparsa dell'acqua di falda in Europa

Sfruttamento agricolo e industriale dell'acqua, crisi climatica e inquinamento stanno mettendo a serio rischio la risorsa più importante per l'uomo.

di Claudia Balbi

lunedì 24 giugno 2024
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La crisi idrica è un fenomeno più grande di quello che pensiamo. Una realtà che va inquadrata da un punto di vista europeo e non dei singoli Paesi. Per fotografarla nel suo complesso un gruppo di 14 giornalisti (scientifici e di inchiesta) provenienti da 7 paesi europei, tra cui anche due italiani, ha realizzato un reportage cross-border nel formato data journalism per capire, partendo dai dati disponibili (open data) qual è lo stato dell'acqua che scorre sotto ai nostri piedi. Si tratta di Under the surface, the hidden crisis in Europe's groundwater, da poco online. In esso i giornalisti spiegano che “più del 15% delle falde acquifere mappate sono in condizioni di povertà, pericolosamente sovrasfruttate, contaminate o entrambi i casi. Questa cifra rappresenta il 26% della superficie totale di falde acquifere mappate. I paesi più colpiti sono importanti produttori agricoli, come Spagna, Francia, Belgio e Paesi Bassi”. Anche l’Italia rientra a buon titolo tra questi paesi, ma i dati relativi al nostro paese ancora non sono stati pubblicati e saranno online nelle prossime settimane. Il progetto, che ha richiesto 5 mesi di lavoro e che proseguirà fino all’autunno, spiega che l'Europa sta vivendo un “momento delicato”. Infatti, a causa della crisi climatica e dello sfruttamento eccessivo a livello industriale e agricolo della risorsa idrica, e che le risorse idriche europee stanno andando verso un “drammatico declino” per quantità e qualità dell'acqua nel sottosuolo. L'obiettivo del lavoro è da un lato denunciare la situazione attuale e al tempo stesso contribuire a costruire consapevolezza facendo capire che il problema è sistemico, a livello europeo, e non si limita a un singolo paese. L'inchiesta è coordinata e in parte finanziata da Arena for journalism in Europe, un’organizzazione di giornalismo di inchiesta europea. Nel co-cordinamento ci sono anche i colleghi spagnoli di Datadista, una newsroom indipendente che da tempo lavora sui temi dell’acqua e dell’ambiente. Una parte dei giornalisti coinvolti è stata finanziata anche attraverso Jounalismfund Europe, una fondazione con sede a Bruxelles che finanzia molti progetti di giornalismo cross-border. All’inchiesta hanno partecipato anche alcuni colleghi italiani: i giornalisti di Facta.eu e de Il BoLive, il magazine digitale dell'Università di Padova. Ne abbiamo parlato con la giornalista di Facta, Elisabetta Tola.

Perché l'acqua sta scomparendo?
C'è una concomitanza di cause sul perché la risorsa è sempre meno disponibile. La Spagna, ad esempio, negli ultimi anni ha fortemente sviluppato il settore agricolo intensivo nelle zone del sud del Paese. L'Andalusia è quindi diventata una regione con un'agricoltura ad alto tasso di richiesta idrica e per questo sono state realizzate diverse opere idriche come quelle di derivazione di acqua dai fiumi per intensificare la capacità di irrigazione dei campi. Dato che la portata dei fiumi si riduce molto in alcune annate, complice la siccità peggiorata anche dal cambiamento climatico, si finisce con il prendere acqua da falde sempre più profonde andando a intaccare le riserve idriche. Questo in realtà è un problema che abbiamo anche noi in Italia: in alcune zone ad alta intensità di produzione agricola la fornitura di acqua attuale non è più sufficiente e per questo si stanno realizzando, in diversi casi, opere di prelievo delle acque più in profondità. Questo ha un effetto sulle falde. Quindi lo sviluppo agricolo intensivo in molte regioni è la prima causa di riduzione della disponibilità di acqua ed entra in competizione con i cosiddetti usi civici. In altre parole, se prelevo più acqua per l’agricoltura, e se complessivamente c’è meno acqua dolce disponibile, si finisce con il ridurre l’accesso all’acqua dolce per la popolazione. Dato che, come leggiamo dal pezzo complessivo internazionale, le acque di falda contano per il 65% dell’acqua utile per usi civici (e per il 25% di quella di irrigazione), c’è una correlazione diretta tra acqua di bacini sotterraneo e acqua potabile.

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Inoltre, l’aumento dell’uso di acqua per irrigazione si combina con la crisi climatica che incide sul ciclo complessivo dell’acqua e rende difficile la rigenerazione della risorsa. Lo sappiamo da anni: i ghiacciai si sciolgono, si riducono e il ciclo dell'acqua è fortemente compromesso. In altre parole, l’acqua dei bacini e delle falde solitamente dipende molto dallo scioglimento stagionale della neve, e se non c’è neve c’è anche meno acqua nei bacini. Ovviamente, ci sono anni in cui nevica di più, come è successo quest’inverno, ma in generale il trend è verso una riduzione dovuta all’aumento delle temperature globali. E dunque possiamo immaginare che nel medio e lungo termine ci sarà sempre più difficoltà a rimpinguare le falde.

A questo si aggiunge un secondo problema: quello dell'inquinamento delle falde. Sappiamo, dai dati europei e da quelli italiani, che ci sono falde che presentano diversi livelli di inquinanti, e in qualche caso questi inquinanti sono al di sopra delle soglie di sicurezza. Vale per i nitrati come per altre sostanze. Ma l’inquinamento è peggiorato dalla riduzione del livello della falda: quando si abbassa la quantità di acque nelle falde c’è anche un aumento della concentrazione degli inquinanti. Quindi se in un bacino ci sono dei nitrati che arrivano da percolazione agricola o altre sostanze che derivano da sversamenti, l’abbassamento del livello dell’acqua fa aumentare la concentrazione degli inquinanti. Per cui quantità e qualità sono due caratteristiche interdipendenti.

Quali sonno le conseguenze di questo fenomeno?
La prima conseguenza, denunciata chiaramente dal progetto Under the surface è che in Europa ci sono delle zone dove l'acqua non è disponibile per usi civici, come dovrebbe essere. Poi questo ha una ricaduta su tutto l'ecosistema, perché avere meno acqua disponibile significa anche alterare gli equilibri, sia chimici che biologici in natura. Per esempio, quando il Po era in secca, tutto l'ambiente ne ha risentito, anche le popolazioni animali, dagli uccelli ai pesci, fino ai microorganismi.

Quali dati avete usato?
La mappa è fatta sulla base dei dati che i Paesi europei consegnano alla Commissione Europea per ottemperare alla Direttiva Acqua. La direttiva acqua, Water Resilience Initiative è molto stringente e si pone l'obiettivo ambizioso che entro il 2027 le acque devono essere pulite e le falde sostanzialmente ricostituite. Un obiettivo sostanzialmente impossibile leggendo i dati attuali. Però rimane un obiettivo significativo, perché se non altro serve a spingere le politiche comunitarie in quella direzione. Quelli analizzati da noi sono i dati del monitoraggio che serve a definire i piani di gestione del terzo ciclo che dovrebbero essere implementati tra il 2022 e il 2027. Per cui questi sono dati che arrivano fino al 2021. Non abbiamo però tutti i dati europei, come si vede dalla mappa pubblicata: ci sono anche delle zone in grigio che rappresentano i Paesi che non li hanno consegnati. I dati sono arrivati da circa la metà dei Paesi, su 29 solo 16 li hanno forniti. Poi ci sono due Paesi, cioè la Germania e il Portogallo, che li hanno consegnati ma in una forma parzialmente accessibile. Anche l'Austria ha protetto i propri dati rendendoli non mappabili assieme agli altri. Questi dati li abbiamo presi dal sito della EEA, l’Agenzia Europea per l'ambiente dove sono disponibili per tutti coloro che li vogliano consultare. Quindi la fonte c'è, è disponibile, almeno per quei paesi che li hanno consegnati in formato open data. Quindi da datajournalist ci tengo a sottolineare che i dati vanno interpretati in modo corretto. I dati non presenti non sono dati positivi, ovviamente. Significa semplicemente che non li conosciamo. Al contrario, a volte, vediamo una mappatura accurata con molti dati negativi e siamo portati a pensare che quelle siano situazioni peggiori, ma magari è semplicemente una situazione più monitorata di altre.

Quali sono le zone più povere di acqua?
Il sud della Spagna, tutta la zona dell'Andalusia e dell’Aragona ma anche zone centrali come la provincia di Segovia. Ma poi ad esempio, contrariamente a quanto ci aspettiamo, anche il Belgio si è ritrovato a rischio di razionamento dell'acqua, che è una cosa molto insolita. Se parliamo di quantità in Italia, secondo i dati del rapporto Siccità di ISPRA del 2023, la regione che ha il problema più consistente è la Sicilia. Anche la Sardegna ha visto un calo dell’acqua nel corso del 2022, anno di una terribile siccità. Ma essendoci una popolazione molto più ridotta rispetto alla Sicilia, il problema è meno percepibile se guardiamo l’accesso all’acqua. Poi, sempre secondo i dati Ispra relativi alla siccità del 2022, sono state particolarmente colpite le zone del bacino del Po e la Puglia.

Per quanto riguarda le zone più inquinate?
In Italia sicuramente la zona della pianura Padana è quella che più soffre dal punto di vista qualitativo, con valori molto alti soprattutto per la presenza dei nitrati nei bacini sotterranei, legati all'attività agricola. Anche la Francia compare nella mappa con una zona rossa perché ha problemi molto legati agli impianti industriali e i giornalisti hanno rilevato anche altri inquinanti come metalli pesanti. Una cosa interessante su cui il team francese aveva già lavorato l'anno scorso è l'inquinamento da PFAS (sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate), mappando l'inquinamento da PFAS in tutta Europa nel progetto Forever Pollution Project. E chiaramente i due progetti si intersecano se consideriamo che in alcune zone, anche in Italia, l’inquinamento da PFAS arriva alle falde.

Esistono soluzioni al problema, come si fa a migliorare la situazione?
Un primo punto chiaramente sarebbe quello di lavorare sugli sprechi migliorando la struttura idrica, così da perdere sempre meno acqua e dunque ridurre il consumo dell'acqua di falda. Poi gli esperti che abbiamo sentito nel corso del progetto indicano tutti che è necessario fare un ragionamento sulle politiche agricole e sulle politiche industriali. Un discorso di macropolitica, diciamo, che è quello di scegliere se continuare ad alimentare un'agricoltura intensiva come quella che oggi abbiamo in diverse regioni europee, inclusa la pianura Padana, sostenute per motivi economici, o scegliere una via di produzione più sostenibile. Se riteniamo che la risorsa idrica sia un diritto bisogna costruirci attorno una politica diversa.

Come procederà il progetto?
A metà giugno pubblicheremo i due pezzi sull'Italia, uno che raccoglie i dati più aggiornati e disponibili per il nostro paese, e uno di storie dal territorio, un reportage narrativo che raccoglie anche le voci di alcuni produttori agricoli. I dati nella mappa globale infatti arrivano al 2021, ma visto che in Italia l’anno peggiore dal punto di vista della siccità è stato il 2022, abbiamo pensato che fosse importante aggiornare il nostro racconto e la nostra analisi includendo anche questi dati.

Copertina: kazuend/unsplash