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Oxfam: per un futuro di uguaglianza ridare dignità al lavoro

Dal salario minimo al rispetto dei bandi che favoriscono l’impiego di giovani e donne, le proposte contenute nel rapporto dell’organizzazione sulla povertà lavorativa.

di Giulia Gallo

“Sottopagato,  discontinuo,  sfruttato,  insicuro,  dal  valore  sociale  scarsamente  riconosciuto”. Si apre così il nuovo rapporto di Oxfam sulla povertà lavorativa “Disuguitalia: ridare valore, potere e dignità al lavoro”, presentato nell’ambito dell’Oxfam festival “Creiamo un futuro di uguaglianza” che si è tenuto il 12 e 13 maggio a Firenze per indagare i diversi aspetti delle disuguaglianze.

L’attuale contesto economico e sociale vede la presenza concomitante di diversi fattori destabilizzanti, osserva l’organizzazione, primi fra tutti la pandemia e il conflitto in Ucraina, che rischiano di aggravare ulteriormente quella “crisi del lavoro” che nel nostro Paese ha assunto dimensioni allarmanti. A farne le spese sono in particolare le categorie sociali più fragili, penalizzate dai divario territoriali, generazionali e di genere. Oltre a restituire una fotografia delle vulnerabilità del mercato del lavoro in Italia, il Rapporto avanza una serie di proposte in grado di dare nuovamente valore, potere e dignità al lavoro.

Lotta al precariato. Per contrastare l’insicurezza lavorativa, Oxfam sostiene l’azione di disincentivizazione delll’utilizzo dei contratti a termine avviata con il decreto Dignità. Secondo Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, “la strategia competitiva di molte imprese si basa cronicamente sulla compressione del costo del lavoro, favorita dalle politiche di flessibilizzazione che hanno visto la moltiplicazione delle tipologie contrattuali atipiche e una progressiva riduzione dei vincoli per i datori di lavoro ad assumere lavoratori con contratti a termine o a esternalizzare attività o parti del ciclo produttivo”.

Istituire il minimo salariale legale. Affinché il lavoro possa definirsi dignitoso, una condizione necessaria è secondo Oxfam l’istituzione di un salario minimo nazionale, valido per tutti i lavoratori dipendenti, che si configurerebbe come lo strumento principale di tutela contro le situazioni di bassa retribuzione. Perciò, l’organizzazione supporta l’idea di un intervento legislativo che estenda erga omnes l’efficacia dei principali contratti collettivi nazionali di lavoro. Il salario minimo consentirebbe, inoltre, di rafforzare il potere di contrattazione anche dei lavoratori autonomi.

Rafforzare gli strumenti di politica industriale. Secondo il Rapporto, occorre un’azione di politica industriale “orientata alla creazione di lavoro di qualità”. Ciò significa rafforzare le relazioni tra i soggetti economici, in particolare tra il mondo della ricerca e il sistema produttivo, tra il sistema finanziario e le piccole e medie imprese. Tuttavia, il Piano nazionale di ripresa e resilienza “appare a tutti gli effetti carente sotto il profilo della visione a lungo termine”. È necessario implementare e monitorare le politiche attive previste dai bandi del Pnrr e del Piano nazionale degli investimenti complementari. Ad esempio, la clausola che prevede il vincolo per gli operatori economici appaltanti di destinare il 30% dell’occupazione aggiuntiva creata in esecuzione del contratto agli under 36 e alle donne non deve trasformarsi in un’etichetta che in realtà non intacca i divari generazionali e di genere: è cruciale, quindi, assicurare il rispetto delle clausole occupazionali previste per le nuove assunzioni attraverso delle comunicazioni obbligatorie e la limitazione all’utilizzo di deroghe a tale vincolo.

di Giulia Gallo