Le vie della digitalizzazione sono infinite, specialmente per le aziende
Una ricerca di Fondazione Unipolis e Pandora Rivista analizza l’impatto della crisi pandemica sull’accelerazione dell’avanzamento tecnologico. C’è bisogno di un “governo digitale” per diffondere questi processi trasformativi nel Paese.
“Riflettere sull’impatto del digitale sulla società e sulle imprese significa pensare le coordinate di una riorganizzazione totale delle relazioni che intratteniamo con gli oggetti che ci circondano. Una riorganizzazione che ha le sue fondamenta in un mutamento tecnologico che è ormai sotto gli occhi di tutti”. Stefano Quintarelli, presidente dell’Advisory group on advanced technologies delle Nazioni unite e dello Steering committee dell'Agenzia per l'Italia digitale, ha così introdotto il rapporto “Le vie della digitalizzazione. Le strategie delle imprese attraverso e oltre la crisi Covid-19”. Il documento, elaborato nell’ambito del progetto di ricerca promosso da Fondazione Unipolis e condotto da un team di ricercatori di Pandora Rivista, ha indagato l’impatto della crisi pandemica sui processi di digitalizzazione delle imprese, enumerando le strategie messe in campo per rispondere alle sfide e criticità sollevate dalla digitalizzazione, elaborando previsioni per gli scenari futuri. Un confronto sul tema a partire dai risultati emersi si è svolto il 26 gennaio al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – con il contributo di esperti, esperte e rappresentanti delle imprese coinvolte.
La ricerca è divisa in due parti: nella prima vengono discusse, a partire da un esame della letteratura scientifica, le teorie della digitalizzazione e della trasformazione digitale, proponendo una panoramica sulle tendenze a livello europeo e nazionale. Nella seconda parte, è stata condotta un’analisi empirica su sei casi di studio: Cadiai, Camst, Cns, Coop Alleanza 3.0, Granarolo, Tper. Queste imprese, si legge nel rapporto, “afferiscono a diversi settori di produzione di beni e servizi e sono accomunate dal non operare in campi in cui la tecnologia costituisce il core business”; questo aspetto rende l’indagine significativa per comprendere i problemi di aziende che, “pur non trovandosi alla ‘frontiera’ dell’innovazione digitale”, si confrontano con la sua complessità.
“La pervasività della tecnologia con la sua capacità di rilevamento, immagazzinamento ed elaborazione dei dati, ha fatto sì che le tecnologie digitali siano diventate la principale interfaccia attraverso cui ci rapportiamo con la dimensione materiale della realtà”, ha sottolineato a questo proposito Quintarelli. Secondo il documento, infatti, i processi di digitalizzazione non sono costituiti soltanto dall’applicazione di un unico set di tecnologie, ma sono “trasformazioni che potenzialmente riguardano la vita dell’intera azienda, sulla base di un approccio ecosistemico”. Sempre secondo questo punto di vista, la digitalizzazione non è un processo “unilineare, necessario e deterministico”, ma un sistema che riguarda una pluralità di “vie alla digitalizzazione”, che possono essere declinate a partire dalla cultura e identità di ogni singola azienda.
La crisi della pandemia ha infatti indotto una forte accelerazione al settore e portato le aziende a sperimentare: ma le tecnologie digitali non sono neutrali, e portano con sé un potenziale di disruption e sconvolgimento che agisce in numerose direzioni. Tra queste, un rinnovamento dei valori aziendali, un’evoluzione delle prospettive per il futuro, ma anche un’organizzazione diversa del lavoro interno. Su quest’ultimo aspetto, il rapporto sottolinea l’utilità di un approccio “ibrido”, in cui lo “spazio virtuale” sia capace di aggiungersi, come dimensione ulteriore, a quello fisico, non sostituendolo.
Particolarmente rilevante è inoltre il nesso tra digitalizzazione e sostenibilità, un principio di grande rilevanza per le aziende prese in esame. Per rendere questo processo di rinnovamento tecnologico sostenibile, il rapporto richiede la nascita di una strategia nazionale, un “governo digitale”, che unisca cultura d’impresa e governance, per approdare alla “digital maturity” a lungo auspicata per il nostro Paese.
“Se il digitale è ormai da considerarsi come un attore obbligato con cui fare i conti nella nostra società”, conclude Quintarelli, “la modalità della sua applicazione ai processi materiali e relazionali sarà ciò che distinguerà il successo o il fallimento dei vari soggetti coinvolti in questo cambio di paradigma”.
di Flavio Natale